I dati sulla crisi economica sono preoccupanti anche se Emilio Fede non fa vedere più in televisione la gente che rovista tra i rifiuti per trovare qualcosa da mettere sotto i denti. Quella era un'altra epoca e si utilizzavano tutte le carte in tavola, non quelle di poker, per fare propaganda contro il governo Prodi. Succede adesso che viene fondato il PDL. Viene fondato da un'assemblea dopo che già lo aveva fondato il leader Berlusconi. Sulla logica di questo meccanismo perverso non mi pronuncio. Volevo rivelare che sono quindici anni che Berlusconi rompe con questa voglia di modernità e cambiamento salvo cambiare solo il nome al partito ma continuare con politiche fallimentari che fanno solo il gioco dei suoi interessi e di quelli di pochi intimi amici. Mentre continuiamo ad assistere a questa stucchevole retorica populista-fascista il nostro paese è piegato in due da una crsisi economica frutto delle politiche liberiste e capitalista trainate dagli Stati Uniti.
Coraggio compagni non sono finite le rivoluzioni....
Giacomo Galante

Il fascismo palese e quello latente


Dopo essersi purgata a fiuggi e non con l'acqua fiuggi, dalle scorie del fascismo, alleanza nazionale si scioglie e traghetta nelle acque putride del PDL. Lo stesso PDL è alleato con la lega che da anni si batte per la secessione ora definita per infinocchiare il popolo federalismo. Allenaza nazionale che nasce dalle ceneri del MSI movimento sociale italiano si richiama ai valori della patria, dell'ordine e della disciplina e si basa sull'idea che la donna vada protetta e non lasciata libera di esprimere la propria libertà. Per questo e per tanti altri motivi è necessario richiamarsi ai valori della resistenza che partendo dall'antifascismo hanno dato all'Italia una costituzione, diritti e possibilità ai lavoratori. Per questo lotteremo sempre contro il fascismo, quello palese delle teste rasate e quello latente travestito di democrazia che alberga in molte personalità di alcuni attuali dirigenti di AN, noti picchiatori fasciti.
PRC circolo di Castellammare del Golfo.



Il fascismo rimesso in parentesi dal «Partito degli Italiani»
di Gianpasquale Santomassimo
su Il Manifesto del 22/03/2009

Fra i tre fascismi che sono al governo (il fascismo storico dei missini, il fascismo «naturale» e qualunquista degli elettori di Berlusconi, il fascismo razzista e xenofobo della Lega) soltanto il primo ha avviato da tempo - e inevitabilmente - una evoluzione e un ripensamento, che lo conducono oggi a celebrare, con lo scioglimento nel Pdl, il compiersi di una proposta politica che si lascia «alle spalle il Novecento con le sue ideologie totalitarie».Più ancora che l'evoluzione del partito in sé, che è apparso sospeso e lacerato a mezza via tra innovazioni accettate e richiami identitari riaffioranti, ha colpito negli ultimi anni l'accelerazione del percorso personale di Gianfranco Fini, che ha teso a presentarsi come interprete di una nuova destra «moderna» e repubblicana, sempre più distante dal punto di partenza e sempre più vicina al modello di una destra europea incarnata dall'esperienza gaullista più che dalla tradizione democristiana.Su cosa sia oggi la cultura del partito che si scioglie si sono interrogati i giornali, in tono tra il divertito e il serioso. Va detto però che molti osservatori si sono abbandonati a un assemblaggio inevitabilmente pittoresco tra dichiarazioni ufficiali, bancarelle di libri in esposizione nei congressi, «rivalutazioni» ardite di un organo negli ultimi tempi molto immaginifico quale il Secolo d'Italia. Viene fuori così un quadro dove Julius Evola si mescola a Vasco Rossi e nell'ombra sogghigna Wil Coyote. Prendiamo però la cosa sul serio, come è giusto fare, e atteniamoci al documento ufficiale, che come tutti i documenti va analizzato attentamente, di là del suo valore intrinseco. Il nuovo Pantheon è molto affollato, anzi sovraffollato, e si presterebbe senza dubbio a facili ironie. Rispetto ai documenti della svolta di Fiuggi (gennaio 1995) vediamo cadere il richiamo a Gramsci (e agli echi nazional-popolari che lo legittimavano), compaiono però Giovanni Amendola e Piero Gobetti, mentre non solo un residuo di buon gusto impedisce l'introduzione di Giacomo Matteotti, ma soprattutto la sua estraneità al clima della cultura antigiolittiana e antipositivista che pare il filo conduttore di molti inserimenti. Nel primo Novecento troviamo infatti Croce e Gentile, Pirandello, Mosca, Pareto, Gobetti, la «grande stagione culturale del nazionalmodernismo del Futurismo di Marinetti e Boccioni», l'opera di Marconi, «lo slancio di Filippo Corridoni», le «propulsioni culturali e lo slancio civile di D'Annunzio, Papini, Soffici, Prezzolini, Amendola, Malaparte». Vittime e carnefici del decennio futuro vengono fissati come in sospensione alla data del 1914, come se la storia d'Italia si fosse fermata lì. C'è una certa coerenza, non assoluta ma relativa, rispetto al canone fissato da Fini al congresso di Fiuggi quattordici anni fa: l'idea di una destra che precede il fascismo e va oltre il fascismo. Lasciamo perdere l'obiezione, facile, sul carattere non assimilabile alla destra di molti dei personaggi elencati. La cosa più sorprendente, però, è che con tale disposizione ideale, e da un versante insospettato, si torna a «mettere tra parentesi» il fascismo, cioè l'unica esperienza unificante delle destre in Italia prima di Berlusconi, il suo lascito duraturo e incancellabile nella storia d'Italia, e, inevitabilmente, nella storia, nella cultura, nella psicologia della destra italiana. Ma qui non è la «repugnanza» crociana verso il fascismo che ispira questa parentesi; sono imbarazzo e falsa coscienza che impediscono di parlare del regime.Il filo conduttore è quello di una «via italiana alla modernità» che parte da molto, troppo, lontano: Dante, Petrarca, Machiavelli, Leonardo e Vico, e che attraverso Alfieri, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Gioberti, Cattaneo giunge al primo Novecento. Questa linea scavalca il fascismo ma riaffiora nell'Italia repubblicana attraverso le «personalità che, in un contesto di differenti egemonie culturali, hanno lavorato per mantenere viva l'idealità italiana, da Guareschi, a Longanesi, a Del Noce, a Montanelli, a Flaiano, a Calamandrei, a Pannunzio, a Cotta». Lo spirito della modernità italiana si esprime anche nel cinema di Fellini e Sergio Leone e «nella musica di Battisti, Mogol e Pavarotti, dall'applicazione industriale di Beneduce fino a Enzo Ferrari ed Enrico Mattei. È questo il Novecento che merita di essere traghettato nel nuovo secolo, a fondamento culturale del nuovo partito che stiamo costruendo».Lo sbocco di tutto questo è il Pdl che rappresenta il «partito degli italiani», «capace di unire e rappresentare tutte le culture politiche espressione dello spirito nazionale, racchiuso nell'identità cattolica, nel Rinascimento, nel grande Umanesimo, nel Risorgimento e nei movimenti modernizzatori e riformisti del Novecento». Evitiamo facili battute su questo ultimo elenco di nomi e di richiami. Quello che non si può tacere è però il ritorno di una tipica arroganza fascista, e che la stessa idea di un «partito degli italiani» - che è anche lo slogan del Congresso - ben compendia: far coincidere nazionalità e appartenenza politica, con l'ovvia e sottaciuta espulsione di tutti gli italiani di opinioni avverse dal campo stesso della patria comune. Sono parole in assoluta libertà, demagogia propagandistica (ancora più corrente negli ideologi di Forza Italia che in quelli di An) che però non può che preoccupare in un partito plebiscitario e carismatico, fondato sulla guerra civile permanente e sulla divisione degli italiani in «buoni» e reprobi quale è quello fondato da Berlusconi e in cui oggi i postfascisti confluiscono.Il documento mescola richiami all'individualismo e alla centralità della persona contro il fallito «progetto massificante e relativista, prima di marca marxista, poi giacobino-economicista», ma anche richiami al fallimento del mercatismo e del globalismo, «ideologie sbagliate e non il grande punto d'arrivo dello sviluppo umano». Rilancia l'economia sociale di mercato come alternativa al liberismo deregolato. Contro la fine delle patrie, rivendica l'identità italiana come «connotato culturale, passionale e prepolitico» del Popolo della Libertà, intesa come riconoscibilità di una forma mentis tipica di una comunità. Non manca l'inevitabile condanna dello «spirito del Sessantotto», stagione che ha degradato i saperi e ha confuso i valori della cultura. «Allora la cultura del merito fu espunta dalla scuola e dall'università per lasciare spazio a una collettivizzazione dei titoli, assolutamente effimera e dannosa». Obiettivo ambizioso è «capovolgere la meccanica dell'egemonia culturale che, per decenni, ha tenuto le idee, i programmi e la cultura della destra in una condizione di subalternità rispetto al 'pensiero unico' liberal e tecnocratico». La Grande Riforma presidenzialista è additata sullo sfondo come tappa cruciale del percorso.Che dire, in conclusione? La fondazione della cultura di una «destra repubblicana», autoritaria ma costituzionale, laica e secolarizzata pur nell'ossequio ai valori religiosi, era già molto difficile in un partito diviso tra nostalgia e razionalità. Sarà compito ancora più arduo in un partito carismatico e demagogico, dove le chances per Fini di contare e orientare saranno inevitabilmente ridotte ai minimi termini.


Vecchio e nuovo fascismo, vecchio e nuovo antifascismo
di Angelo d’Orsi
su Liberazione del 22/03/2009

L’autoaffondamento della nave postfascista ha già attrattol’attenzione dei commentatori, e certo se ne parlerà a lungo. Infondo, l’MSI, poi AN, era il solo partito che, pur derivando dallosconfitto totalitarismo fascista, avesse avuto cittadinanzanell’Europa post-1945. E ciò a dispetto della XII disposizionetransitoria della Costituzione vietante “la ricostituzione deldisciolto Partito fascista”, e anche della successiva Legge Scelba(1952), volta alla sua attuazione, che sanziona penalmente lapropaganda o l’apologia del fascismo. Vissuto sempre sul doppiobinario – che peraltro fu di Mussolini, e fu ripreso da Almirante,oggi presentato incredibilmente come uno dei “padri della patria” -dell’accettazione formale del sistema liberale e della praticasostanziale della violenza politica, il neofascismo, divenutopostfascismo in un percorso lungo e accidentato, giunge all’abbracciocon Berlusconi e il suo partito personale che riesce a mietereconsensi in ogni strato sociale. Una scelta, com’è noto, respinta consdegno da Fini, e poi supinamente accettata in nome proprio del largoconsenso del Cavaliere, salvo tentare di preservare una “identità” ditipo correntizio in seno a questa adunata che mira a occupare tutto lospazio politico che dal centro giunge fino alla destra estrema, purcon la freccia nel fianco costituita dalla Lega Nord, che la suaautonomia cerca di tenersela ben stretta.Archiviato quel che del fascismo rimaneva, si può mandare in soffittal’antifascismo? La risposta è un no chiaro e tondo. No, innanzi tuttoperché la confluenza (l’assorbimento) nel PdL, intensificherà, dopo lafuoruscita di Storace, la nascita di gruppi di fascisti duri e puri,che cercheranno sul campo di dimostrare la loro autonomia, con azionicome le aggressioni alla Sapienza e in altre sedi universitarie, o inraduni giovanili, o anche verso singoli militanti di sinistra, oancora il gravissimo raid alla sede di Chi l’ha visto?, il programmaRai “colpevole” di aver dato un volto ai picchiatori. Un’attitudine euna cultura antifascista sono da preservare e vorrei dire tenere inesercizio (politico, intellettuale, morale) soprattutto in quantoanche lo scioglimento di AN nel PdL appare un atto formale che siinserisce nel quadro del passaggio alla “postdemocrazia” che è ilvolto nuovo del fascismo. E a chi si scandalizzerà subito perquest’affermazione vorrei ricordare alcuni provvedimenti quali leleggi ad personam volte a sancire giuridicamente l’impunibilità del“capo” (atto a cui Mussolini non giunse mai: e il re, infatti, lo fecearrestare); la grave limitazione del diritto di sciopero; la riduzionedegli spazi di agibilità politica in ogni sede; l’attacco all’unitàdel movimento operaio e l’avviata irreggimentazione di quei sindacatiche si lasciano irreggimentare; la riduzione a guscio vuotodell’istituto parlamentare: basti pensare che tutte le leggi finoraapprovate, sono decreti convertiti in aula, tranne quella istitutivadella Commissione antimafia, solo perché non era tecnicamentepossibile farlo! E che dire della recentissima proposta berlusconianadi far votare solo i capigruppo? Si aggiunga che il parlamento nelleultime due Legislature è nato da una legge elettorale definita“porcata” dal suo ideatore che cancella il diritto dell’elettore discegliere i suoi rappresentanti… E ancora: la drastica limitazione deidiritti di libertà degli invididui e dei movimenti collettivi, non inlinea con gli orientamenti politici governativi (il fascismo si spinseoltre, con una legge che consentiva il licenziamento dei pubblicidipendenti politicamente non affidabili…); l’accentramento inpochissime mani di un potere enorme, con un presidente del Consiglioche – avendo ripristinato la dicitura introdotta da Rocco di “capo delGoverno” – si muove, tra pubblico e privato, tra spettacoloesibizionistico e istrionismo: come non ricordare il “brav’uomo”Mussolini (definizione berlusconiana, peraltro) che si adoprava per lagioia di fotografi e cineoperatori a torso nudo in una grottesca“raccolta del grano”? Ma il “duce”, se non altro, non ebbe laconcezione proprietaria dello Stato, e aziendalistica della culturaoltre che della politica, che il cavaliere non esita a mostrare, e atradurre in atti concreti.E si potrebbe continuare. La strada che stiamo percorrendo conduce al“superamento” della democrazia. Non volete chiamarlo nuovo fascismo?Chiamatelo come vi pare, ma la soglia di attenzione deve alzarsi, nonabbassarsi. E il nuovo, necessario antifascismo, comunque, dovràessere non soltanto difesa dei princìpi costituzionali, ma dellasostanza dello Stato di diritto. Nato, in questo sfortunato Paesechiamato Italia – mi si perdoni la banalità – precisamente dall’azionedell’antifascismo storico.


Cosa vuol dire avere un metro e mezzo di statura,
ve lo rivelan gli occhi e le battute della gente,
o la curiosità d'una ragazza irriverente che vi avvicina solo per un suo dubbio impertinente:
vuole scoprir se è vero quanto si dice intorno ai nani,
che siano i più forniti della virtù meno apparente,
fra tutte le virtù la più indecente.
Passano gli anni, i mesi, e se li conti anche i minuti,
è triste trovarsi adulti senza essere cresciuti;
la maldicenza insiste, batte la lingua sul tamburo fino a dire che un nano è una carogna di sicuro perché ha il cuore troppo troppo vicino al buco del culo.
Fu nelle notti insonni vegliate al lume del rancore che preparai gli esami diventai procuratore
per imboccar la strada che dalle panche d'una cattedrale porta alla sacrestia quindi alla cattedra d'un tribunale giudice finalmente,
arbitro in terra del bene e del male.
E allora la mia statura non dispensò più buonumore a chi alla sbarra in piedi mi diceva "Vostro Onore", e di affidarli al boia fu un piacere del tutto mio,
prima di genuflettermi nell'ora dell'addio non conoscendo affatto la statura di Dio.
Fabrizio De Andrè
Riporto le ultime dichiarazioni rilasciate da Brunetta:
"Gli studenti dell'Onda sono dei guerriglieri e verranno trattati come guerriglieri''.
Quegli stessi "guerriglieri" vogliono semplicemente una università libera.

Dopo la fiction sulla vita di Giuseppe Di Vittorio, il pessimo giornalista Bruno Vespa ha dedicato una puntata, del suo pessimo salotto della politica italiana, alla chiusura della destra italiana, ora AN, che sta confluendo nel contenitore poltico del PDL (popolo delle libertà) = potere fare tutto, meglio se nell'illegalità. Quello che rattrista, dopo avere avuto la possibilità di leggere tra le righe di una vita fatta di lotta per conquistare diritti, primo fra tutti quello di sciopero, è dovere assistere ad uno spettacolo deprimente con attori principali politici che nel segno dell'ordine e della disciplina vogliono toglierci pure il futuro.
Seguono degli articoli che ci danno un quadro della situazione che si vive nel mondo della scuola italiana.
Tolleranza zero per l'Onda
di Stefano Milani
su Il Manifesto del 19/03/2009

Nel giorno dello sciopero convocato dalla Cgil agli studenti universitari romani viene impedito di uscire dalla Sapienza e di sfilare all'esterno. I giovani provano a uscire, la polizia carica. «Siamo stati sequestrati». Ed esplode la polemica sulle limitazioni ai cortei nella città di Alemanno
L'Onda è tornata ed evidentemente fa paura. D'altra parte il premier Berlusconi l'aveva promesso lo scorso autunno, nel culmine del dissenso studentesco: «Manderò la polizia nelle università». Detto fatto. Così quello che doveva essere il ritorno dell'esercito del surf contro i tagli all'istruzione del trio Gelmini-Tremonti-Brunetta, è diventato lo spunto per mettere in pratica la linea dura del governo. La politica del manganello e del «da qui non si passa».Succede a Roma, alla Sapienza, nella più grande università pubblica d'Europa. Cinquecento studenti caricati e sequestrati per ore all'interno della cittadella, intimati a non mettere naso fuori dalle mura accademiche, proprio nel giorno dello sciopero della conoscenza indetto dalla Flc-Cgil. L'idea era di uscire in corteo, arrivare fin sotto il ministero dell'Economia e confluire nel sit-in sindacale a piazza SS. Apostoli. Ma niente, la strada dell'Onda è sbarrata. Piazzale Aldo Moro, via dell'Università, via Cesare De Lollis, via Regina Margherita: ogni varco del quadrilatero universitario è off-limit, presidiato da polizia, carabinieri e guardia di finanza. Caschi, scudi e manganelli. Perfino i vigili urbani a dare un mano come possono, con palette e fischietti. «Correte stanno uscendo dalla parte delle segreterie...», grida un pizzardone ad un funzionario della celere.Ma i caschi blu non si limitano a presidiare. Caricano. E più volte. La prima all'entrata principale di piazzale Aldo Moro, poi in quelle laterali. «Qui non si passa», intima un funzionario di polizia: «Il vostro non è un corteo autorizzato». La nuova politica del sindaco Alemanno ha già fatto scuola, il protocollo appena siglato sulla di restrizione dei percorsi dei cortei a Roma è preso alla lettera. Così le manganellate si sprecano. «Mi hanno circondato in quattro e picchiato con il manganello girato (come documenta la foto qui accanto, ndr.)», denuncia Emanuele mostrando i segni rossi sulla schiena e su un gomito. «Restiamo calmi, non cadiamo nelle loro provocazioni», grida qualcuno. L'«arma» studentesca rimane la parola, urlata e amplificata dal megafono: «Vogliamo andare nelle nostre strade: libertà di movimento». Ma niente «da qui non si passa», ribadisce il brigadiere dei carabinieri di turno sghignazzando.I minuti passano e le parole lasciano spazio al lancio di giornali appallottolati, bottiglie, scarpe. Tante scarpe. Come hanno fatto gli universitari francesi contro i loro ministeri e come ha fatto il giornalista iracheno contro Bush. Le volevano gettare all'indirizzo del ministero dell'Economia, ma visto l'impedimento ad uscire in strada il tiro a segno è tutto contro i celerini. Al secondo tentativo di forzare i blocchi, arrivano a rinforzo gli agenti della guardia di finanza ed effettuano una nuova carica. Di «alleggerimento», diranno poi. Una «leggerezza» che manda sei ragazzi al pronto soccorso. A quel punto la tensione sale. Inevitabilmente. E oltre le scarpe, vola anche qualche sampietrino, accompagnato dallo slogan «Roma libera! Roma libera». All'interno della città universitaria, intanto, non c'è più un corteo unico, ma tanti gruppi, dieci-quindici persone che corrono da un lato all'altro, passando di facoltà in facoltà alla ricerca di una via d'uscita. Chi prova a «sfondare», davanti all'entrata di Antropologia, subisce un'altra carica, la terza. «Siamo sequestrati», urlano dal megafono. Fuori non si esce e allora qualcuno lancia la proposta: «Occupiamo il Rettorato». Ma anche lì le porte vengono prontamente serrate.È mezzogiorno quando l'Onda si ricompatta. I ragazzi si ritrovano sotto la statua della Minerva, nel luogo da dove erano partiti due ore prima. «Bisogna parlare, bisogna denunciare quanto è accaduto», i vari leader dei collettivi si affrettano ad organizzare un'assemblea a Lettere. Il giudizio sulla giornata è pesante: «Siamo entrati in una nuova era, oggi possiamo dirlo con chiarezza, senza equivoci - si legge nel comunicato dei collettivi - La recessione è realtà concreta, il governo non ha dubbi: polizia contro gli studenti, polizia contro chi dissente, polizia e cariche contro chi la crisi non vuole pagarla! La mattinata della Sapienza ci parla di questo, ci parla del vuoto di democrazia che riguarda questo paese e la città di Roma, con il suo protocollo contro i cortei». E assicurano: «Non finisce qui». Ma non è una minaccia, bensì la consapevolezza che «l'Onda è tornata».

Squadrismo e Polizia contro gli studenti democratici: ecco il nuovo corso berlusconiano
di Fabio de Nardis *
su Prc del 19/03/2009

Quanto è avvenuto oggi (18 marzo) all’Università di Roma “La Sapienza” è un fatto gravissimo. Agli studenti dell’Onda riuniti in centinaia presso il piazzale della Minerva dentro la Città Universitaria è stato impedito con la forza di raggiungere in un corteo spontaneo e pacifico i lavoratori della conoscenza riuniti a Piazza SS Apostoli in occasione dello sciopero sacrosanto indetto dalla FLC-CGIL. Gli studenti sono stati caricati con violenza e a più riprese costringendoli all’interno della città universitaria trasformata per l’occasione in una sorta di carcere a cielo aperto. Questo fatto gravissimo non può essere scisso dalle recenti aggressioni squadriste portate avanti da gruppi neofascisti legati all’organizzazione giovanile di Alleanza Nazionale e al Blocco Studentesco presso l’Università di Tor Vergata e a Roma 3. Inuti le negare che a legare questi eventi sia un unico filo nero.
Rifondazione Comunista denuncia con forza la ormai evidente continuità culturale che si realizza nella chiusura manu militari degli spazi di espressione democratica all’interno delle Università Italiane. Da un lato, la criminalizzazione e la repressione violenta del dissenso pacifico; dall’altro, le aggressioni squadriste agli studenti dei collettivi da parte di gruppi organizzati protetti dalla destra istituzionale.
Rifondazione Comunista sostiene la lotta democratica degli studenti in Onda e lancia una campagna nazionale per rivendicare la specificità antifascista della scuola e dell’Università della Costituzione contro ogni tentativo governativo di reprimere il libero dissenso democratico degli studenti e dei lavoratori.
* Responsabile Nazionale Università e Ricerca PRC-SE

E a Napoli il Blocco attacca gli studenti
di Francesca Pilla
su Il Manifesto del 19/03/2009

Blitz neofascista, botte a Giurisprudenza
«Attacco neofascista», «aggressione», «provocazione». Sono queste le parole che usano gli studenti dell'onda napoletana per descrivere i tafferugli scoppiati ieri davanti alla facoltà di giurisprudenza della Federico II. I fatti li raccontano con le loro testimonianze e con qualche foto, denunciando di essere stati aggrediti dagli attivisti del Blocco studentesco che con caschi, mazze, cinghie e anche lame di piccolo taglio avrebbero impedito loro di entrare nell'Università per un'assemblea. «È andata proprio così - conferma Andrea, uno dei portavoce dell'Onda partenopea - ci sono venuti contro e noi ci siamo difesi. Il clima di xenofobia e violenza è crescente, ricordiamo che appena pochi giorni fa un nostro compagno, Marco Beyene (il ragazzo di origine etiope figlio di un docente dell'Orientale, ndr) è stato aggredito da una squadraccia fascista nel centro storico. Noi ricordiamo che questa gente è quella che incita all'odio razziale».La cosa sicura è che dopo un corteo animato e pacifico che si è snodato nella city e promosso dal sindacato per lo sciopero della conoscenza, gli studenti hanno proseguito le iniziative. Un folto gruppo si è staccato dalla manifestazione ed è andato ad occupare gli uffici dell'Unico Campania, il reparto amministrativo dei trasporti pubblici, per protestare contro il caro biglietti e per chiedere maggiori agevolazioni per gli studenti. «Abbiamo anche srotolato uno striscione - racconta Andrea - e poi ci siamo diretti verso la facoltà per riunirci e decidere le prossime iniziative». Ad attenderli i ragazzi del Blocco studentesco, la sigla di estrema destra che stava volantinando nel piazzale fuori Porta di Massa e che, secondo quanto raccontato da quelli dell'Onda, avrebbe transennato l'entrata della facoltà per impedirgli il passaggio. Secondo le testimonianze sarebbero bastati un paio di botta e risposta perché gli studenti di destra infilassero i caschi e si dirigessero con mazze, cinghie e armi di piccolo taglio verso un gruppo di ragazzi. La risposta di quelli di sinistra non si è fatta attendere ed è scoppiata una violenta rissa. Fortunatamente nessuno si è fatto male, anche se i giovani aggrediti hanno riferito di alcuni contusi lievi. «Subito dopo - continua Andrea - ci siamo diretti verso le stanze del rettore, ma Fulvio Trombetti prima si è chiuso dentro con altri professori, quindi è uscito e ha parlato per pochi minuti». Il rettore ha infatti letto alla folla raccolta davanti i suoi uffici un piccolo comunicato: «L'università è spazio di democrazia - ha detto Trombetti - e di libero pensiero; al suo interno tutti hanno il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni nel rispetto dei valori fondamentali sanciti nella carta costituzionale. Fenomeni di intolleranza e di squadrismo non possono e non saranno mai tollerati all'interno dell'Università di Napoli Federico II da qualunque parte provengano». Il rettore ha anche chiesto alle forze dell'ordine di identificare i responsabili degli incidenti. Ma gli studenti non hanno dubbi, sono stati attaccati e si sono difesi. Non solo, pongono anche alla dirigenza universitaria una domanda sulla legittimità di una sigla studentesca a presidiare con mazze e caschi l'entrata alle aule: «Che cosa ci facevano questi individui all'ingresso dell'università? - chiedono in un comunicato - e perché nessuno ha detto niente? È stato un vero e proprio blitz, guarda caso nello stesso giorno in cui a migliaia di studenti è stato impedito di uscire dalla Sapienza».


Annullata la sentenza del TAR Sicilia sede di Palermo (sez. I) - n. 1275/08, del 17 ottobre 2008, con la quale si dichiarava inammissibile il ricorso presentato da Rita Borsellino, Massimo Fundarò, Teodoro Lamonica, Antonio Giuseppe Parrinello, Giovanni Giuca, Calogero Miccichè, Giuseppe Ortisi, Fabrizio Ferrandelli e Giuseppe Furnari, per “disintegrità del contraddittorio”.
Il 13 e 14 aprile 2008, nello specifico, si segnalavano una serie di presunte irregolarità tra cui alcune commesse in Provincia di Trapani, al momento della presentazione delle liste.In particolare, si riteneva: “illegittima ammissione delle liste di candidati presentate nella provincia di Trapani denominate “Popolo delle Libertà” e “Lombardo Presidente Sicilia Forte e Libera”, a causa della sostituzione di due candidati successivamente alla sottoscrizione delle liste”, tale iniziativa avrebbe di fatto reso nulle le firme dei presentatori della lista, in quanto le stesse erano state apposte, per la presentazione di una lista di candidati diversa da quella effettivamente presentata.
La Corte di Giustizia Amministrativa di Palermo il 10 marzo si è così espressa:“impregiudicata ogni altra questione nel rito e nel merito, parzialmente pronunciando, cosi decide;a) accoglie l’appello nei limiti di cui in motivazione;b) ordina agli uffici della Amministrazione regionale siciliana indicati in motivazione di depositare nella Segreteria della Sezione i documenti sopra specificati entro il termine di 20 (venti) giorni dalla comunicazione in forma amministrativa della presente decisione o dalla sua notificazione a cura degli odierni ricorrenti:c) fissa, per l’ulteriore trattazione dell’appello, l’udienza pubblica del 13 maggio 2009.”
Le richieste degli appellanti ai magistrati erano sostanzialmente due: l’annullamento delle elezioni regionali e la ripetizione delle stesse; in subordine veniva richiesta la sottrazione dei voti, dal conteggio generale, che il Pdl e la lista ‘Lombardo Presidente’ hanno preso in Provincia di Trapani e il rifacimento dei conteggi per l’attribuzione dei seggi. Se venisse accolta questa ipotesi la “Rita Borsellino - la Sinistra l’Arcobaleno” supererebbe il 5% e avrebbe diritto a cinque seggi.
il 13 maggio 2009 ci sarà la sentenza definita dove si deciderà il futuro dell’attuale Assemblea Regionale. Fondati sono i motivi che ci porterebbero, se il ricorso fosse accolto, a votare prima del prossimo inverno.

Pino D’Angelo
per TempoStretto.it

Verso le europee

Il caso Rifondazione plana in Europa
di Matteo Bartocci e Alberto D'Argenzio
su Il Manifesto del 10/03/2009

Viale del Policlinico pronto al veto contro gli ex compagni «vendoliani»: illegale l'uso del simbolo del Gue.

Può sembrare paradossale ma a sinistra si può litigare, e parecchio, anche per un simbolo sconosciuto al genere umano come quello del Gue/Ngl, il gruppo parlamentare della sinistra europea e degli ambientalisti nordici a Strasburgo. Prima di Vendola e compagni fuoriusciti dal Prc, infatti, nessuno in Europa si era mai sognato di usare alle elezioni questa anonima ondina rosso-verde, che alle elezioni di giugno invece dovrebbe campeggiare con pari dignità nel loro simbolo accanto a quello del Pse, il gruppo socialista europeo di Fava e Nencini. La questione, ovviamente, è tutta politica. E il caos italiano rischia di terremotare prassi consolidate a Bruxelles e dintorni. Quasi sicuramente venerdì sarà ufficializzato a Roma il cartello «sinistra e libertà»: sole che ride ben in vista, scritte rosso-verdi, riferimenti ai gruppi dei socialisti e dei comunisti. Domenica scorsa il consiglio federale dei Verdi ha dato il via libera all'alleanza elettorale col 60% dei sì (48 voti contro 35). L'ultimo ostacolo a Roma sembra ormai superato. Ma non è ancora detta l'ultima parola.Da Prc e Pdci, infatti, è già partito un fuoco di sbarramento che questa settimana potrebbe approdare nel board del gruppo parlamentare. «Il Gue è il simbolo di tutti ed è discutibile che lo usino solo alcuni - spiega il responsabile esteri di Rifondazione Fabio Amato - ci confronteremo con gli altri partiti in Europa e valuteremo». Non è raro che dallo stesso paese aderiscano partiti diversi, accade in Portogallo (Bloco de Esquerda e Pcp), Grecia (Synaspismos e Kke), in Francia e anche in Italia (Prc e Pdci appunto). In nessun paese però la sinistra europea è divisa in tre e di certo nessuno ha mai usato quel simbolo, tantomeno accanto a quello del Pse, che a Strasburgo è un deciso antagonista del Gue. «Il Prc ha firmato un programma elettorale comune a 32 partiti del continente - insiste Amato - il Pse è per la Nato e noi siamo contro la Nato, noi siamo critici sul percorso di Lisbona e il Pse no e così via. Noi siamo una lista di sinistra, quel cartello è una contraddizione elettorale che morirà subito dopo il voto». Una tesi su cui concorda Jacopo Venier, coordinatore della segreteria Pdci, «in parlamento si lavora tutti insieme ma che qualcuno usi il simbolo del gruppo contro i partiti che ne sono membri è paradossale. Un tentativo che rischia di creare se non un effetto domino un precedente pericoloso per il resto del continente. Non è possibile metterlo sulla scheda». Un alto funzionario del Gue ben addentro alla materia ma che per cautela preferisce rimanere anonimo afferma che «ciascun eurodeputato è libero di usare quel simbolo» anche se, precisa, «questo tipo di problemi qui non ha precedenti». Una linea simile a quella di Roberto Musacchio, eurodeputato «vendoliano» tuttora coordinatore di Rifondazione in Europa, sicuro che questa sia la tesi giusta: «E' un simbolo nella disponibilità di ciascuno, se si vuole discutere ne discuteremo ma io sdrammatizzerei la questione, il Pse ha dato il suo via libera senza problemi». Di parere diverso però Giusto Catania, eurodeputato rimasto nel Prc di Ferrero: «La questione è politica, per me quel simbolo non è utilizzabile, soprattutto perché messo accanto agli altri dimostra platealmente che la lista di sinistra è un cartello senza riferimenti chiari». Prc e Pdci insomma non escludono la minaccia del veto e pensano di avere argomenti validi a convincere i compagni europei. Sui quali francesi, tedeschi e greci (cioè le sinistre messe meglio a livello continentale) per ora sembrano cauti ma sensibili. Anche perché via del Policlinico getterà sul tavolo il paradosso di iscritti a Rifondazione che si presentano contro il proprio partito. Quasi nessun «vendoliano» infatti all'atto della scissione ha restituito la tessera. Un'emorragia reale ma non dichiarata ufficialmente che ha alla base anche dissidi su stipendi e sezioni.

Lothar Bisky: «Die Linke sta con il Prc»
di Alessandro Braga
su Il Manifesto del 10/03/2009

Lothar Bisky, fondatore in Germania (insieme a Oskar Lafontaine) di Die Linke, è anche presidente della Sinistra europea. Sabato scorso è stato a Milano, al teatro Carcano, per un incontro in cui si discuteva su come uscire dalla crisi da sinistra, insieme al segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero.
La sua presenza qui vuol dire che come Die Linke appoggiate per le elezioni europee Rifondazione comunista?
Sono qui perché Rifondazione comunista mi ha invitato. Il Prc è membro della Sinistra europea, di cui io sono presidente. Quindi è ovvio che appoggi la loro campagna elettorale.
Ma la scorsa settimana a Berlino ha incontrato anche Nichi Vendola. Cosa vi siete detti?
Come presidente di Sinistra europea ho necessariamente relazioni, diciamo 'istituzionali', anche con le altre sinistre. E in quest'ottica incontro tutti. Ma in Europa rispetto alla Sinistra europea ci sono partiti membri e partiti osservatori. Il Prc fa parte del nostro gruppo, io appoggio il loro lavoro e mi auguro che il risultato elettorale di giugno sia il migliore possibile. E per questo vorrei aggiungere una 'preghiera' ai politici italiani di sinistra.
Prego.
Chiedo che non ci lascino a Bruxelles soli con la destra italiana. Serve qualcuno che la conosca bene per fronteggiarla anche in Europa.
Per farlo bisogna riuscire ad essere eletti. Voi siete in costante crescita di consensi, qui in Italia non si può dire lo stesso.
Con Die Linke siamo riusciti a cambiare la costellazione dei partiti in Germania. Mentre i partiti più grossi perdono consensi noi siamo i più forti all'est e anche all'ovest riusciamo a raggiungere sempre almeno il 5%. Per questo puntiamo, nelle elezioni per il Bundestag di settembre, al 10%. Abbiamo buone speranze, la popolazione ci vede come una forza che denuncia i tagli sociali, porta avanti le lotte, insomma che fa opposizione. Tra la gente, anche tra chi non ci vota, ormai c'è un nuovo modo di dire, di cui siamo davvero felici: «Die Linke dice ciò che è». Vuol dire che siamo credibili.
In Italia c'è stata anche la proposta di una lista unitaria. Come la vede?
Guardi, una proposta del genere avrei potuto farla pure io. Ma preferisco non immischiarmi in affari italiani, che non conosco fino in fondo, e lascio a voi la possibilità di trovare una soluzione.


PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA
FEDERAZIONE DI TRAPANI
CIRCOLO DI CASTELLAMMARE DEL GOLFO

sabato 07 marzo 2009
ore 18.00 aula consiliare
corso B. Mattarella
Castellammare del Golfo (TP)

Incontro-dibattito:
SANITA’ PUBBLICA PER TUTTI......ANCHE SE CLANDESTINI.

Introduce: Giacomo Galante, segretario circolo PRC Castellammare del Golfo.
Intervengono: Salvatore Mazzara, medico;
Giusto Catania, europarlamentare PRC.

PRESENTAZIONE
DIRITTO ALLA SALUTE UGUALE PER TUTTI.

Il Partito della Rifondazione Comunista si schiera contro i tagli e le privatizzazioni della Sanità voluti dal Governo Berlusconi e volti a costruire un sistema sanitario basato su assicurazioni private per ricchi e servizi pubblici di bassa qualità per i più poveri.Quella che si configura è una vera e propria guerra tra poveri che si inserisce in quella grande fascia di disagio sociale occupata ormai stabilmente da stipendiati, salariati e disoccupati, insieme con le nuove “figure” del clandestino e del migrante in genere. Quelle fasce sociali, appunto, che non potranno stipulare un contratto assicurativo e che saranno costrette a ricevere un servizio sanitario pubblico depotenziato e scadente e che, tra l’altro, sono quotidianamente messe l’uno contro l’altro da un modello securitario e razzista dal nostro Governo. Il servizio sanitario deve essere invece, a nostro avviso, pubblico e non deve essere erogato sulla base del reddito e della condizione sociale perché questo accrescerebbe le disuguaglianze, creando cittadini di serie A e di serie B.I tagli drastici alla sanità hanno come scopo quello di portare al collasso l’attuale sistema sanitario con la conseguente corsa alla privatizzazione del sistema, vista come l’unica ancora di salvezza.Con l’introduzione del federalismo fiscale agognato dalla Lega Nord e fortemente caldeggiato anche dal PD, inoltre, si diversificheranno i sistemi sanitari nella capacità di erogare servizi. La Sicilia, già indietro nella prestazione di servizi sanitari di base, erogherà un servizio di ancor più bassa qualità: aumenteranno ancora di più i viaggi della speranza verso il nord Italia per curarsi, sempre reddito permettendo.Per questo come Partito chiediamo di ampliare i servizi pubblici, ovunque, senza distinzione di reddito e di classe sociale. Perchè curarsi è un diritto uguale per tutti anche per chi vive attualmente nella condizione di clandestino. Il provvedimento infatti, approvato dal Senato e fortemente voluto dalla Lega Nord, che permette ai medici di denunciare alle autorità giudiziarie gli immigrati clandestini, oltre a suonare come un provvedimento di chiaro stampo razzista mina alle basi uno dei punti fondanti dello stesso giuramento di Ippocrate che disciplina il rapporto guaritore/malato e che recita in una sua specifica parte così: giuro di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica;Proprio quello che il provvedimento vuole mettere in discussione facendo disparità tra i malati e chiamando i medici e il personale sanitario a svolgere il ruolo di delatori dell’immigrazione clandestina. La salute è invece un diritto di tutti, anche degli immigrati clandestini. Il bisogno di curarsi non deve diventare occasione per differenziare il malato sulla base della condizione sociale e diventare il pretesto per alimentare una guerra tra poveri ma deve essere invece caratterizzata da regole che ne garantiscano un impronta universale e generalista.Quello che vogliamo è un sistema sanitario con gestione pubblica che non guardi al mercato ma al bisogno delle persone malate.

Contestualmente all’incontro-dibattito il Circolo PRC di Castellammare del Golfo inaugura la campagna tesseramento al partito per l’anno 2009.

Castellammare ha bisogno di Comunismo, Castellammare ha bisogno di Rifondazione.

la serata verrà conclusa con le interpretazioni di alcuni brani musicali d’autore a cura di Joe Margagliotti & Saverio Mazzara.

GIU’ LE MANI DAL DIRITTO DI SCIOPERO

Il diritto di sciopero è un diritto fondamentale previsto dalla Costituzione, basata, non a caso sul lavoro. Lo sciopero è uno strumento che serve a tutelarsi da chi ha il potere: i padroni ed il governo stesso. I lavoratori non vi ricorrono allegramente come vuol far crede il governo: ci rimettono i già magri salari. Contro il diritto di sciopero sono intervenute varie leggi: non per regolamentarlo ma per renderlo inefficace ed inutile. A tal fine ha operato anche la cosiddetta Commissione di Garanzia. Confindustria e Governo hanno sempre voluto allontanare la possibilità di scioperare dal momento in cui nasceva il bisogno da licenziamenti, riorganizzazioni aziendali, privatizzazioni, cattivo andamento delle trattative aziendali. Ciò al fine di vanificarne l'efficacia e l'utilità e scoraggiare i lavoratori. I dati mettono in evidenza che gran parte degli scioperi sono indetti per crisi e ristrutturazioni aziendali, per il non rispetto di accordi stipulati, per contratti non rinnovati da tempo. La colpa è dunque delle controparti private e pubbliche. Motivo per cui tendono a restringere il diritto. ORA Il GOVERNO INTERVIENE ANCHE PER TUTELARE I SINDACATI COMPLICI: CISL,UIL, UGL con cui hanno siglato il nuovo modello contrattuale che prevede la riduzione di salari e stipendi, la deroga in peggio al contratto nazionale, la sospensione dei conflitto proprio durante le trattative, l'arbitrato e la conciliazione obbligatoria. A questo serve il referendum preventivo: ci vogliono mesi per poter dichiarare lo sciopero e lo sciopero virtuale. Ciò avviene per altro mentre le aziende sono sempre più aggressive e autoritarie, soprattutto quelle pubbliche e dei servizi privatizzati ed esternalizzati. ORA TOCCA ALLE LAVORATRICI E AI LAVORATORI PUBBLICI DOMANI TOCCHERA’ A TUTTI! DIFENDERE IL DIRITTO DI SCIOPERO PER DIFENDEREOCCUPAZIONE, SALARI, PENSIONI.

PARTITO della RIFONDAZIONE COMUNISTA

Partendo dal principio che il diritto alla salute è uguale per tutti a prescindere dal reddito, come Partito della Rifondazione Comunista contrastiamo il progetto del Governo Berlusconi che vuole smatellare il servizio sanitario pubblico al fine di costruire un sistema basato su assicurazioni private, congeniale ai ricchi, a chi si può permettere di farsi una assicurazione, e penalizzante per i più poveri che potrebbero affidarsi ad un servizio publico depotenziato e di bassa qualità. Nel contempo, il federalismo fiscale tanto voluto dalla razzista lega e caldeggiato dal PD frantumerà il servizio sanitario pubblico con la conseguente diversificazione dei servizi sanitari erogati. Sarà cancellato ogni universalismo dei diritti: il diritto ad essere curati. Il nostro no alla privatizzazione della sanità si accompagna a quello al federalismo fiscale che lede il principio di solidarietà tra le regioni.
Per questo chiediamo con forza di estendere i livelli essenziali dell prestazioni dei servizi sanitari che devono essere resi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, di abbattere i tempi d'attesa attraverso l'assunzione del personale tecnico e specializzato, medico e infermieristico necessario per fare funzionare le strutture almeno 12 ore al giorno, di adeguare la quantità dei farmaci utilizzati, in particolare di quelli generici, alle effettive esigenze terapeutiche, ai medici di scegliere tra il pubblico e la libera professione, di internalizzare i servizi sanitari collaterali e alcune prestazioni mediche mettendo fine ai processi di privatizzazione, di riequilibrare il rapporto tra territorio e ospedale.

Per tutti questi motivi sabato 28 febbraio davanti l'ospedale di Alcamo, un ospedale che serve almeno tre comuni, Alcamo, Calatafimi-Segesta e Castellammare, abbiamo dato luogo ad un volantinaggio per fare conoscere il perchè della nostra iniziativa e le ragioni che ci spingono ad alimentare questa lotta per la preservazione di un diritto: diritto alla salute uguale per tutti.
Circolo PRC
Castellammare del Golfo

Ricomporre la diaspora comunista.

di Gianni Fresu *
su la Rinascita della Sinistra del 27/02/2009


La ricomposizione della diaspora del ’98, per ricostruire insieme un’alternativa comunista forte e credibile in Italia, penso sarebbe la migliore risposta possibile ad una depressione economica mondiale che non è solo crisi del cosiddetto neo liberismo. La contraddizione è del capitalismo in quanto tale – delle sue regole di produzione, sfruttamento e appropriazione delle ricchezze – di ciò dobbiamo tenere conto, sapendo bene che la natura ciclica di queste crisi è fisiologica alle stesse modalità di espansione del capitalismo. Le ragioni della frattura sono state ampiamente superate su tutti i versanti e contro l’ipotesi del riavvicinamento non vale l’argomento sulle presunte diversità politiche e culturali che ancora sussistono. Già ora all’interno di PRC e PdCI sono presenti orientamenti diversi e ciò non è di certo un ostacolo, inoltre vale la pena ricordare che veniamo tutti dalla stessa scommessa: la rifondazione di una teoria e una prassi comunista in Italia come risposta alla svolta della Bolognina. È chiaro, pensare di fare una semplice fusione di gruppi dirigenti sarebbe un errore destinato a non produrre nulla di buono, la riunificazione deve partire dalla presentazione di liste unitarie per le europee per poi divenire processo organico di integrazione e riconoscimento reciproco, attraverso la diffusione orizzontale e collegiale degli strumenti di elaborazione e direzione politica.Il percorso di riunificazione deve essere necessariamente processuale ma non indefinito nel tempo, la difficile situazione interna ed internazionale non ce lo consentirebbe. La storia ci insegna che le recessioni hanno sempre dato luogo non solo al netto peggioramento delle condizioni di vita e lavoro delle masse popolari, ma a fasi tragiche di imbarbarimento delle relazioni sociali, di involuzione politica e culturale. Ci troviamo nel pieno di una fase di «crisi organica del capitalismo», ed è esattamente in simili contesti che hanno, in genere, luogo i peggiori processi di “modernizzazione” dei rapporti economici e sociali, attuati sempre attraverso la passivizzazione coatta delle grandi masse popolari, ciò che Gramsci definiva «rivoluzioni passive». A fronte di una situazione tanto complessa il cannibalismo del PD, che ha speso tutte le sue energie per mettere fuori causa la sinistra di classe, anziché impegnarsi in un’opposizione reale alla destra, si è ritorto contro chi l’ha praticato. L’illusione del PD – un “moderno” partito interclassista, che avrebbe dovuto congiungere gli interessi del capitale e del lavoro – si è schiantata sugli scogli di una realtà ben più complessa dei sogni veltroniani. Il PD si è rivelato, in tutta la sua fragilità, un immenso comitato elettorale strutturato per camarille, un agglomerato composto da consorterie condensate attorno a singole personalità che controllano partito, istituzioni e collegi senza alcun disegno complessivo. Già a fine Ottocento la dissoluzione del liberalismo italiano portò al tentativo di assemblaggio dei due raggruppamenti tradizionali della Destra storica e della Sinistra liberale per formare un unico «blocco costituzionale» presentato come baluardo contro le due ali estreme della reazione e della rivoluzione. Oggi come allora più che di “trasformazione del sistema politico” si deve parlare molto più prosaicamente di «trasformismo» e il divampare in tutta la sua virulenza della questione morale ne è una conferma. L’attuale inservibilità politica del PD dimostra ulteriormente quanto fosse avventata l’idea della “costituente della sinistra”, che puntava tutte le chanche di un rilancio della sinistra sul rapporto organico con il partito di Veltroni. Ricomporre la diaspora non significa e non deve significare però chiudersi in un recinto identitario, ma al contrario fare un investimento per l’unità della sinistra, mantenendo anche un interlocuzione dialettica, non subalterna, con le altre forze democratiche. Il PRC è nato sulla base del binomio autonomia e unità, quella deve tornare ad essere la nostra bussola di orientamento per rifuggire ogni tentazione di settarismo minoritario e insieme di opportunismo. Oggi più che mai si sente il bisogno di un partito comunista capace di porre, attraverso il conflitto, al centro dell’agenda politica le questioni del lavoro, di plasmarsi organicamente sulle esigenze delle masse popolari, da qui possiamo ripartire.


* Comitato politico nazionale PRC

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