Ecco perchèì esiste Rifondazione Comunista.

La Lega tiene banco e nel PD si vaneggia
di Alberto Burgio
su Liberazione del 20/08/2009

La campagna d’agosto della Lega comincia a dare i suoi frutti. E a scuotere maggioranza e governo. La corda è tesa, dopo settimane di continui strappi. Ieri il dialetto e i certificati di pura origine padana, oggi la bandiera e l’inno. Domani? E poi le gabbie salariali e fiscali, dopo le vittorie sul razzismo e lo squadrismo di Stato. E sul secessionismo mascherato da federalismo. C’è chi vi scorge il segno della debolezza del partito-movimento di Bossi. Chi invece vi legge l’effetto di una tendenza espansiva, in attesa di scatenare l’offensiva per la presidenza delle regioni più ambite, Veneto e Lombardia. Fatto sta che la Lega è riuscita sin qui a monopolizzare la scena mediatica sui temi politici, lasciando a Berlusconi il campo del gossip famigliare e seduttivo. E la visibilità non è un dettaglio. È sinonimo di influenza e di potere. I giorni del trionfo delle politiche del 2008 sembrano lontani. La destra governa (e disfa il Paese) ma è divisa. La maggioranza fibrilla. Il governo stenta a trovare la quadra tra i ricatti leghisti, le contromosse del «partito del suk» e le crescenti preoccupazioni del presidente della Camera, condivise, dentro il Pdl, anche da esponenti dell’entourage berlusconiano.La confusione è grande, e le grandi manovre sono appena cominciate. Difficile dire, oggi, dove andranno a parare. Le carte si rimescolano in attesa di un autunno che si annuncia drammatico, con una crisi sempre più pesante e un conflitto sociale montante. Come sempre in questi casi, gli estremisti alzano la voce. Gasparri e Borghezio urlano: l’importante è avere un nemico contro cui sparare, il resto seguirà. In questo marasma persino Alemanno e Cicchitto possono fare la parte dei moderati, delle palle al piede della «rivoluzione» postfascista e neorazzista.La confusione è grande, ma un fatto ciò nonostante resta chiaro: i pericoli per il governo non provengono dalla sedicente opposizione parlamentare. Al contrario, nel Pd non manca chi offre una generosa mano nel sacro nome della stabilità. C’è in giro voglia di Grande coalizione, e del resto non sono poche – dal federalismo fiscale alle missioni di guerra – le porcherie varate con il consenso, tacito o esplicito, di tutto il Parlamento. Tre giorni fa è stato Giuliano Amato a rompere il ghiaccio, auspicando un patto Pdl-Pd contro le «estreme» (Lega e Italia dei Valori), sempre più insistenti e minacciose. Chi conosce il personaggio e ne rammenta le gesta sin dai tempi di Craxi non ha motivo di stupirsi. Non meraviglia nemmeno l’effetto della sortita. Chi si è precipitato a dire la sua, raccogliendo l’invito del «dottor sottile»? L’onorevole Fassino, naturalmente. Che – non pago di incalzare la Cgil affinché la smetta con la sua fastidiosa polemica in difesa dei contratti nazionali – è anche riuscito a surclassare Amato per acume e scaltrezza tattica.Un Pd «più flessibile», questa è la nuova trovata. A Fassino, intervistato dal Corriere della sera, interessa il «dialogo con la maggioranza», interessa «un sistema di alleanze più largo», interessa un Pd «compiutamente federale», che al nord («perché la questione settentrionale esiste!») si allei anche con Galan e Formigoni. Non è solo una proposta letteralmente indecente, mentre si preparano le ronde e lo scudo fiscale premia l’esercito dei mascalzoni. È anche un capolavoro di ottusità politica, che azzera il credito residuo del Pd come antagonista della destra e rischia di consolidare la rendita della Lega come unica forza «antisistema», estranea ai pateracchi della politica romana. Bossi ringrazia. Noi ci accontenteremmo di sapere a nome di chi parla lo stratega Fassino.Miserie della politica, sempre che di politica si tratti. E intanto il Paese va in malora. A settembre migliaia di aziende non riapriranno i battenti. Centinaia di migliaia di lavoratori resteranno a casa. Il Pil è in picchiata, i consumi calano a vista d’occhio. Ma la politica con la P maiuscola – tutta la politica, a quanto sembra – ha ben altro a cui pensare. Meglio smetterla di litigare. Meglio ragionare – anzi «dialogare» – su nuovi scenari di «solidarietà nazionale». Ora comprendiamo il vero significato dello slogan veltroniano nella travolgente campagna elettorale dello scorso anno. «Si può fare». Che cosa? La santa alleanza con Berlusconi e affini. A questo siamo arrivati. Anche per questo c’è assoluto bisogno di un’opposizione vera, a cominciare dal conflitto sociale. Perciò esiste Rifondazione comunista e perciò è nata la Federazione delle forze anticapitaliste. È sempre più chiaro che solo da qui passa la strada per la ricostruzione della sinistra e per una efficace risposta alle destre.

Ecco cosa succede a chi parla male del potere

Parlare male del potere e del PD? si può ma solo a certe condizioni.......

Foto A. Bonanno

la macchina della scorta del magistrato Ingroia multata dai vigili urbani di Castellammare del Golfo.
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