Missione di pace?


Alessandro Di Lisio è il 14° militare morto in Afghanistan, in quella guerra che il governo italiano continua a chiamare “missione di pace”. Poche ore prima di morire egli stesso aveva definito, su Facebook, con il giusto nome, la propria “missione”: “ LA GUERRA E’ UNO SPORCO LAVORO CHE QUALCUNO DEVE FARE ”.E mentre in Italia il ministro La Russa pensa che si debbano usare i “Tornado”, non più come supporto ma come COPERTURA alle missioni di “PACE”, il presidente OBAMA prospetta la necessità di una “EXIT STRATEGY” dall’Afghanistan.Invito tutti a riflettere sul fatto che solo con l’impiego delle diplomazie e non con i Tornado e i carri armati si può costruire la PACE .

Camillo Navarra
Partito della Rifondazione Comunista
Circolo di Castellammare del Golfo
Afghanistan, cordoglio ai familiari del militare ucciso. Sempre più urgente il ritiro delle truppe
martedì 14 luglio 2009
Dichiarazione di Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc-Se

L'uccisione di un soldato italiano in Afghanistan, rispetto al quale esprimiamo il nostro più sentito cordoglio alla famiglia, e il ferimento di altri tre militari del nostro contingente, ai quali auguriamo una pronta guarigione, ci rafforzano nella posizione che abbiamo sempre avuto, sulla partecipazione dell'Italia alla guerra in Afghanistan: si tratta di una scelta sbagliata e grave, che comporta solo lutti, disperazione ed errori, che allontana ogni possibilità di possibile pacificazione di quella regione.
Per questo chiediamo al governo Berlusconi di adoperarsi immediatamente per il ritiro del nostro contingente e per l'apertura di un vero processo di pace. In Afghanistan si combatte una vera guerra, fuori da ogni regola e principio del diritto internazionale. Bisogna smetterla e uscire dal pantano afghano una volta per tutte: yes we can.
Ufficio stampa Prc-Se
Grassi: Afghanistan, ritirare subito truppe. Guerra è una vergogna
martedì 14 luglio 2009
Dichiarazione di Claudio Grassi, responsabile Organizzazione segreteria nazionale Prc-Se

In Afghanistan si continua a combattere e a morire a causa di una guerra sbagliata e insensata, voluta dagli Usa e a cui l’Italia si è accodata, una guerra che non ha portato affatto alla pacificazione dell’area, che ha riprodotto e resi più forti i Talebani e che non ha minimamente ridotto, ma anzi aumentato, la produzione illegale di droga. Oggi, purtroppo, è toccato a un militare italiano, alla cui famiglia va tutto il nostro più sentito cordoglio, morire, mentre altri tre soldati sono stati feriti, ma nei mesi e anni passati è toccato a molti altri.
Proseguire imperterriti nel mantenere il nostro contingente militare in Afghanistan è una vera follia, oltre che una vergogna, visto che lì si combatte una guerra fuori da ogni regola e principio del diritto internazionale. L’Europa dovrebbe farsi promotore di un vero processo di pace, ma innanzitutto dovrebbe astenersi dal proseguire ostilità che creano solo lutti, morti e disperazione.
Agli Stati Uniti, che ora “scoprono” di aver fatto torturare e morire anche dei prigionieri di guerra, e al loro presidente Obama, che ha dichiarato di voler seguire una politica diversa da quella di Bush, chiediamo coerenza: gli Usa abbiano il coraggio di mettere fine all’occupazione e l’Onu si faccia garante di aprire un vero e serio processo di pace, coinvolgendo tutte le parti in lotta.
Ufficio stampa Prc-SE
«Siamo in guerra, il governo chiarisca»
di Em. Gio.
su Il Manifesto del 15/07/2009
Intervista a Sergi, presidente di Intersos

La notizia della morte dell'ennesimo soldato italiano rimbalza anche negli uffici italiani dove per l'Afghanistan si lavora dal punto di vista dell'impegno civile. Non è vasto il mondo umanitario in Afghanistan: c'è Emergency, presente da anni, alcune associazioni specializzate che lavorano per brevi periodi (come SmyleTrein che cura gli affetti da labiopalatoschisi o il progetto di Edoardo Marino, una ricerca sui tappeti «di guerra» afghani) e infine una rete di Ong italiane che si sono impegnate dopo la conclusione del conflitto nel 2001.
Alcune fra queste fanno parte di Link 2007, un network cui partecipa anche Intersos una delle più antiche Ong italiane. Il suo segretario generale, Nino Sergi, si chiede «se la missione Isaf/Nato, così come si è evoluta e al punto in cui è arrivata, corrisponda ancora pienamente al mandato assegnato con le risoluzioni delle Nazioni unite. E la partecipazione italiana a tale missione corrisponda ancora a quanto è stato più volte affermato da tutti i governi italiani».
Lo chiedo a lei.

Credo che governo e politica debbano dare una risposta chiara, senza ambiguità e senza propaganda, perché gli italiani hanno il diritto di conoscere la verità. La partecipazione italiana alla missione corrisponde ancora a quanto è stato ripetutamente affermato - missione umanitaria, di ricostruzione, di pace - oppure corrisponde ormai a qualcos'altro, che si tenta di occultare? La missione di pace a tutela delle istituzioni, a cui partecipa l'Italia, è entrata forse, trascinata dagli eventi, in una missione di guerra mai decisa e mai definita? Credo che le Ong italiane impegnate in Afghanistan possano pretendere la risposta. E, più di noi, dovrebbe esigerlo il Parlamento nel suo insieme.

Invece c'è confusione...
Basta pensare al decreto per il rifinanziamento delle missioni all'estero: è stato inserito nel decreto anticrisi con un ammasso di materia militare e umanitaria, diplomatica e di cooperazione che corrisponde alla marcata tendenza attuale a confondere le situazioni, presentando tutto come missioni umanitarie, di aiuto alle popolazioni e di ricostruzione. Tendenza alimentata, a livello politico, dal ministero della difesa che talvolta appare come il ministero della propaganda. Lo stesso parlamento è stato esautorato dalla definizione dello stanziamento per ciascuna delle molteplici attività previste dal decreto legge. Fortunatamente, i parlamentari hanno reagito e stanno predisponendo un decreto separato, sul modello dei precedenti, che seguirà il suo iter con un dibattito specifico e, speriamo approfondito, sulle missioni.

Chiarezza dei ruoli.
Sì. Il tentativo di confondere tutto c'è comunque stato, ed è preoccupante. C'è chi vorrebbe confondere la dimensione militare con quella umanitaria e di cooperazione civile, annullando politicamente quel patrimonio di valori che la società civile ha saputo esprimere nel rispetto dei principi di umanità, imparzialità, indipendenza, solidarietà senza discriminazioni. Principi ben lontani da quelli dei contingenti militari.

Sergi, il movimento per la pace non si sta impegnando molto in Afghanistan. Perché?
Il movimento per la pace non esiste quasi più, anche perché ne ha sbagliate molte, fermandosi troppo spesso al solo livello delle ideologie. Quanto poi alla Tavola della Pace, mi sembra che si stia trasformando, decidendo senza garantirsi il necessario consenso. E togliendoci perfino l'unificante marcia della pace Perugia-Assisi. Non riuscendo più a parlare a tutte le donne e gli uomini di buona volontà, ma sono ad una parte, lasciando fuori molti pacifisti veri, sensibili ad altre forme di mobilitazione e ad altre forme di linguaggio.

G8 uno spot di gran successo....

Dopo le critiche per la scelta avventata dell'Aquila come sede del G8, gli elogi si consumano su tutte le testate giornalistiche per la buona riuscita del summit delle più grandi potenze economiche mondiali. Ma cosa pensavano i grandi "osservatori" della vita politica italiana (compresi alcuni idioti della sinistra moderata) che la moglie di Obama e Carla Bruni criticassero le scelte e l'organizzazione del G8 del governo italiano?
Come sarà possibile costruire una opposizione seria e argomentata alla deriva berlusconiana se non attraverso una partecipazione diretta delle persone all vita democratica?
Questi sono i temi su cui si può costruire una unità a sinistra del PD, troppo impegnato a scegliere in questi giorni la propria leaderschip tra un parrinu spuddiatu, un liberista e un medico stranamente non berlusconiano almeno all'apparenza.
Buona riflessione a tutti. Non fatevi rincoglionire dalla TV di regime italiana.

Dedicato ai tanti "cristiani" del centrodestra

Quando a Castellammare si celebra una qualsiasi manifestazione religiosa o folklorico-religiosa o storico-religiosa, la cittadina è invasa da gente, cristiani cattolici in grandissima maggioranza. Accade ora, che contro i prinicipi dell'uguaglianza, il governo di centrodestra, introduce il reato di clandestinità. Di fronte a queste leggi razziali che limitano la libertà di espressione e di libera circolazione delle genti, i tanti cristiani cattolici di Castellammare volgeranno lo sguardo verso il belvedere tentando di scorgiere l'iconografia della Santa Madre o piuttosto cominceranno a deligittimare lo stesso governo che hanno sostenuto?

segue un articolo molto interessante:

Cristiani, disobbedite come a Los Angeles
di Alex Zanotelli
su Il Manifesto del 06/07/2009


Mi vergogno di essere italiano e di essere cristiano. Non avrei mai pensato che un paese come l'Italia avrebbe potuto varare una legge così razzista e xenofoba. Noi che siamo vissuti per secoli emigrando per cercare un tozzo di pane (sono 60 milioni gli italiani che vivono all'estero!), ora ripetiamo sugli immigrati lo stesso trattamento, anzi peggiorandolo, che noi italiani abbiamo subito un po' ovunque nel mondo.
Questa legge è stata votata sull'onda lunga di un razzismo e una xenofobia crescente di cui la Lega è la migliore espressione.
Il cuore della legge è che il clandestino è ora un criminale. Vorrei ricordare che criminali non sono gli immigrati clandestini ma quelle strutture economico-finanziarie che obbligano le persone a emigrare. Papa Giovanni XXIII nella Pacem in Terris ci ricorda che emigrare è un diritto.
Fra le altre cose la legge prevede la tassa sul permesso di soggiorno (i nostri immigrati non sono già tartassati abbastanza?), le ronde, il permesso di soggiorno a punti, norme restrittive sui ricongiungimenti familiari e matrimoni misti, il carcere fino a quattro anni per gli irregolari che non rispettano l'ordine di espulsione ed infine la proibizione per una donna clandestina che partorisce in ospedale di riconoscere il proprio figlio o di iscriverlo all'anagrafe.
Questa è una legislazione da apartheid, che viene da lontano: passando per la legge Turco-Napolitano fino alla non costituzionale Bossi-Fini. Tutto questo è il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, rom e mendicanti.
Questa è una cultura razzista che ci sta portando nel baratro dell'esclusione e dell'emarginazione.«Questo rischia di svuotare dall'interno le garanzie costituzionali erette 60 anni fa - così hanno scritto nel loro appello gli antropologi italiani - contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali». Vorrei far notare che la nostra Costituzione è stata scritta in buona parte da esuli politici, rientrati in patria dopo l'esilio a causa del fascismo. Per ben due volte la costituzione italiana parla di diritto d'asilo, che il parlamento non ha mai trasformato in legge.
E non solo mi vergogno di essere italiano, ma mi vergogno anche di essere cristiano: questa legge è la negazione di verità fondamentali della Buona Novella di Gesù di Nazareth. Chiedo alla Chiesa Italiana il coraggio di denunciare senza mezzi termini una legge che fa a pugni con i fondamenti della fede cristiana.Penso che come cristiani dobbiamo avere il coraggio della disobbedienza civile. È l'invito che aveva fatto il cardinale R. Mahoney di Los Angeles (California) , quando nel 2006 si dibatteva negli Usa una legge analoga dove si affermava che il clandestino è un criminale. Nell'omelia del mercoledì delle ceneri nella sua cattedrale, il cardinale di Los Angeles ha detto che, se quella legge fosse stata approvata, avrebbe chiesto ai suoi preti e a tutto il personale diocesano la disobbedienza civile. Penso che i vescovi italiani dovrebbero fare oggi altrettanto.
Davanti a questa legge mi vergogno anche come missionario: sono stato ospite dei popoli d'Africa per oltre vent'anni, popoli che oggi noi respingiamo, indifferenti alle loro situazioni d'ingiustizia e d'impoverimento.
Noi italiani tutti dovremmo ricordare quella Parola che Dio rivolse a Israele: «Non molesterai il forestiero né l'opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d'Egitto» (Esodo 22,20).

Da cosa difendersi?

Nell'editoriale di Dino Greco, apparso su LIBERAZIONE qualche giorno fa, viene focalizzata l'attenzione sul significato di sicurezza, mettendo a confronto da un lato l'insicurezza, quella vera, conseguente alla precarietà del lavoro e all'impunità di chi commette dolo e che ha trovato massima espressione nella tragedia di Viareggio e che ogni giorno si manifesta attraverso i morti sul lavoro e dall'altro la falsa insicurezza creata ad arte dal Governo populista, xenofobo, fascista e reazionario, attraverso leggi, che sfruttando la paura della gente, sempre più drogata da una televisione servile al potere, introduce delle leggi che porteranno ancora più insicurezza, volte come sono a definire un modello di società basato sull'esclusione e l'emarginazione del diverso, del più debole e dell'indifeso.
Buona lettura e buona riflessione a tutte/i.
Sicurezza: di chi e di che cosa
di Dino Greco
su Liberazione del 04/07/2009.

Talvolta si intrecciano fatti, si verificano fortuite concomitanze che rendono chiaro, più di ogni sofisticato argomento, il senso delle cose.
E' esattamente ciò che è accaduto in questi giorni, rispettivamente, in una stazione ferroviaria, quella di Viareggio, e nel Parlamento della Repubblica.
Nel primo caso, la plateale elusione delle misure di sicurezza ha causato una strage di enormi proporzioni. Si è lì nuovamente materializzata la tragica realtà che quotidianamente si presenta davanti ai nostri occhi. Parlo degli infortuni sul lavoro, dei morti, dei feriti, degli invalidi, tanti quanti ne produce una guerra. Perché di una guerra si tratta. Scatenata proditoriamente, con dolo. Frutto di incuria, di intensificazione dei ritmi e di prolungamento sciagurato degli orari di lavoro, della precarietà dei rapporti di lavoro e di una disciplina legislativa che ne favorisce la moltiplicazione, dell' assenza di misure di prevenzione e di controlli, dell'evanescente regime sanzionatorio, al limite dell'impunità, per i responsabili delle violazioni di legge. Ecco, la sicurezza, per davvero costitutiva del diritto e della dignità umana, è qui sistematicamente negata. Come lo è quando le persone vengono private del lavoro senza attrezzare un decente sistema di ammortizzatori sociali. O come quando si abbattono i rendimenti pensionistici fino a trasformare in un'avventura la semplice sussistenza. O quando le reti di protezione sociale, di promozione della vita comunitaria, sono talmente evanescenti da generare anomia, paura, solitudine sino alla malattia mentale. O quando le due, forse tre generazioni più giovani guardano al proprio futuro senza alcuna certezza, avendo del tutto smarrito la consapevolezza di avere dei diritti, sanciti e protetti dalla suprema legge dello Stato, eppure caduti nell'oblio perché travolti da una legislazione che ne ha via via eroso efficacia ed esigibilità. E compromessi da una politica che ha ripudiato il concetto stesso di solidarietà. Di questa sicurezza non vi è traccia alcuna, e da tempo, nelle politiche dei governi. Primariamente, di questo governo, campione ineguagliato della scientifica demolizione del welfare. Della sicurezza, come sicurezza sociale, si è persa la nozione, il significato più profondo. Anch'essa è diventata una parola malata, introiettata nel senso comune come il portato di quella paranoia collettiva che vede nel contiguo più debole un concorrente o, peggio, una minaccia, un nemico, massimamente se immigrato. L'idea che troneggia è che c'è penuria. Penuria di tutto. Di reddito, di lavoro, di case, di spazio vitale. Questo giornale si sforza ogni giorno di dimostrare che le risorse per un'altra politica, per altre risposte, ci sono, ma vengono sequestrate e dissipate da una ristretta porzione di cittadini, spesso violando la stessa legge tributaria.Ma, più in profondità, in ragione di un'architettura politica e sociale sempre più classista. E di una cultura che ha fatto libero spaccio della fola secondo cui la disuguaglianza è il motore dello sviluppo.Questo giornale si sforza ogni giorno di dimostrare che le risorse per un'altra politica, per altre risposte, ci sono, ma vengono sequestrate e dissipate da una ristretta porzione di cittadini, spesso violando la stessa legge tributaria. Ma, più in profondità, in ragione di un'architettura politica e sociale sempre più classista. E di una cultura che ha fatto libero spaccio della fola secondo cui la disuguaglianza è il motore dello sviluppo. Il fatto è che se non ti accorgi di questa flagrante bugia, oppure se non credi più nella possibilità di rovesciare questa iniqua ripartizione della ricchezza prodotta dal lavoro sociale, allora ti arrocchi, ripieghi nel tuo "particulare" e provi, per velleitario che si riveli questo sforzo, a difenderti da solo! Non più contro la soverchiante potenza di chi sta sopra di te e dispone di una forza che ti appare inattaccabile. Bensì contro chi sta sotto, che ti è più prossimo e più vicino. Nel quale non vedi più colui che può condividere con te una via di possibile riscatto. Ma come una persona ostile. Oggi lo straniero è indicato come il responsabile di tutte le nostre privazioni e frustrazioni. E' da lui che senti di doverti difendere. E' lui l'agnello sacrificale di un rito fraudolento che rende tutti incarogniti e peggiori. Individui isolati, prigionieri dei propri egoismi, uniti soltanto dalla comune percezione di sentirsi indifesi. A maggior ragione dentro una crisi che ognuno è costretto ad affrontare in solitudine. E' in questo brodo fetido che prende corpo e recluta proseliti la risposta repressiva, che risolve ogni contraddizione in un problema di ordine pubblico. Ecco allora, nel giorno stesso in cui un convoglio deraglia su una fatiscente rete ferroviaria ed una più che evitabile disgrazia stronca ventidue vite, che la maggioranza di centrodestra sforna la sua ricetta salvifica: l'introduzione del reato di clandestinità, in un Paese la cui legislazione xenofoba, quella che ha già scavato un fossato fra noi e il dettato costituzionale, non fa che generare illegalità, ricatto, sfruttamento, sfondamento dello stato di diritto. Migranti, graffitari, clochard, ambulanti abusivi: ecco qui i nemici della civile convivenza, dai quali proteggersi attraverso ronde e vigilantes, secondo i più vieti canoni dell'apartheid. Si inizia sempre così. Poi, quando la degenerazione ha compiuto sino in fondo il suo corso, a tempo debito, arriva sempre chi appiccica sul petto dei reietti di turno una stella di Davide. Non solo è già accaduto.
Come si stancava di ammonirci Primo Levi, può ancora accadere.

Pacchetto xenofobo



Mentre la gente prende la tintarella al sole, si consuma in Italia la morte della democrazia.

Il cosiddetto "pacchetto sicurezza" su cui il governo oggi ha posto anche la questione di fiducia è una legge incostituzionale, che si basa su veri e propri errori/orrori giuridici. Con il pacchetto sicurezza vengono introdotte norme razziste, come l'introduzione del reato di clandestinità che mina il principio di eguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione e le ronde che limitano fortemente la libertà d'espressione dei cittadini e demoliscono lo stato di diritto. Allora sarrebbe il caso che la stessa gente prendesse coscienza di quanto ci sta togliendo in termini di diritti questo governo e di quanto indietro culturalmente stiamo scivolando.
Sembra di rivivere gli anni del fascismo.


Noi del PRC reagiremo con forza da subito contro questo pacchetto sicurezza, e partire dai territori, organizzando la disobbedienza civile a tali norme, organizzando osservatori e nuclei di difesa legale per cittadini extracomunitari e non, denunciando l'iniquità di queste norme alla Corte costituzionale e alle corti penali internazionali, visto che tali norme ledono tutte le convenzioni internazionali firmate dall'Italia.

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