In marcia per la salute di tutte e tutti.

La salute pubblica è un diritto di tutti. Per questo domani sabato 28.02.2009 davanti l'entrata dell'ospedale di Alcamo i circoli territoriali del PRC di Castellammare del Golfo e Calatafimi-Segesta diranno no ai tagli alla sanità e ribadirrano il loro si ad una sanità che non faccia distinzioni in base al reddito e che possa rispondere ai bisogni di tutte le persone.
Circolo PRC
Castellammare del Golfo.

Colpo di stato

I nuovi provvedimenti del Governo Berlusconi ledono uno dei diritti fondamentali sanciti dalla nostra costituzione: il diritto allo sciopero. La carta dei diritti per il nostro premier equivale a carta straccia. Segue un'ampia rassegna stampa che delinea il quadro della situzione grave in cui tutti siamo coinvolti.



Sacconi se ne frega della Cgil
di Sara Farolfi
su Il Manifesto del 27/02/2009

Scontro tra Epifani e il ministro del lavoro. «Il governo stia attento a non introdurre forzature», ammonisce il leader sindacale. E oggi la controriforma sul diritto di sciopero approda al consiglio dei ministri
«Il governo stia molto attento perchè in questa materia che riguarda un diritto, una libertà costituzionalmente garantita, bisogna procedere con grande attenzione. E se l'intenzione è quella di ridurre una libertà fondamentale, partendo dal problema del rispetto dei diritti degli utenti, sappia che la Cgil si opporrà, ora e dopo». Le parole di Guglielmo Epifani, segretario generale Cgil, sono state accolte ieri nell'indifferenza del ministro del lavoro. Padre del disegno di legge che oggi arriva sul tavolo del consiglio dei ministri e che, dietro la bandiera del diritto alla circolazione, vuole fare piazza pulita di quello di sciopero (partendo dai trasporti). Se la cava così, Maurizio Sacconi: «Temo che manchi la Cgil. L'unanimità del resto non è di questo mondo, appartiene al mondo del nulla, del non fare».E infatti della rappresentatività - ossia di chi è titolato a parlare (firmare accordi o proclamare scioperi) a nome di qualcun'altro (i lavoratori) - al governo non importa nulla. Ne è un esempio la firma di un accordo sulle regole della contrattazione, senza quella dell'organizzazione maggiormente rappresentativa. E così è anche per la limitazione del diritto di sciopero - nel settore dei trasporti per ora - dove la soglia minima necessaria per la proclamazione sarebbe portata al 50%, trasformando così un diritto e una libertà individuale in un diritto a maggioranza, per cui il 49% dei lavoratori non avrebbe diritto a scioperare. Una delle ipotesi allo studio di Sacconi, ieri, era l'alternatività tra «un requisito minimo di rappresentatività degli attori proclamanti» - il 50% appunto - e il referendum preventivo tra i lavoratori: se cioè non si raggiunge la maggioranza più uno, si ricorre al referendum tra i lavoratori. Come si dovrebbe certificare questo 50%, e se ci si riferisca ai soli iscritti o a tutti i lavoratori di una certa azienda, non è chiaro. Ad ogni modo, non si può dire non essere stata tempisticamente perfetta la relazione al parlamento svolta ieri dalla Commissione di garanzia per gli scioperi (che nel ddl dovrebbe assumere compiti e funzioni di arbitrato). Ha introdotto i dati Gianfranco Fini, cercando di rendere istituzionalmente digeribile il disegno di legge del governo: «Il diritto di sciopero non si può soffocare ma lo si deve armonizzare con l'esercizio degli altri diritti in un'opera di bilanciamento che deve tenere conto dell'evoluzione sociale». «C'è da chiedersi - si domanda Fini se lo sciopero nei diritti essenziali possa configurarsi come un diritto che qualunque soggetto collettivo, anche non adeguatamente rappresentativo, può esercitare allo stesso modo».E si torna alla rappresentatività, senza mai dire come questa debba essere certificata. Prova a suggerirlo Antonio Martone, presidente della Commissione di garanzia, dopo essersi marcatamente sbilanciato verso la proposta del governo (che stupisce in un organismo che dovrebbe essere terzo e di garanzia appunto). Suggerisce Martone che una verifica sulla rappresentatività delle organizzazioni sindacali potrebbe essere affidata alla Commissione stessa. «La Commissione di garanzia è un organismo che non si presta a questo», trasecola Fabrizio Solari (Cgil), «abbiamo sempre detto che il nostro punto di riferimento erano le regole del pubblico impiego e su questo erano d'accordo anche Cisl e Uil».Ma ieri Cisl e Uil non hanno fiatato. L'unico punto su cui del resto avevano manifestato una qualche perplessità, due giorni fa, era stata l'obbligo di adesione individuale agli scioperi. «Necessaria perchè consente di dare certezza ai cittadini con riferimento ai mezzi che circoleranno», dice Sacconi. Necessaria soprattutto alle imprese che potranno così coprire programmaticamente le 'assenze', o più comodamente provvedere alla 'dissuasione' degli interessati.Via libera, da Cisl e Uil, anche allo sciopero virtuale (quella forma di agitazione - in cui il lavoratore resta al lavoro e l'azienda paga una sorta di penale, da contrattare volta per volta, il cui importo va in beneficienza). Una forma di protesta che nei fatti praticamente non esiste - essendo praticamente impossibile trovare un accordo su quanto debbano pesare le sanzioni sull'azienda - e che non a caso le aziende gradiscono assai.Giorgio Cremaschi (Rete 28 Aprile) non usa mezzi termini: «La legge anti sciopero è autentico fascismo». L'impressione che si stia scivolando verso un accordo politico, sulla scia di quello del 22 gennaio, cresce comunque trasversalmente a corso d'Italia. Insieme a quella che i trasporti non siano che l'apripista di una riforma che si vorrebbe almeno «per i servizi pubblici essenziali» e di qui, come ha già chiesto Confindustria, valida per tutti. «L'impressione è che si voglia fare un po' per volta», dice Fabrizio Solari (Cgil). Il ddl oggi all'esame dei ministri vieta anche tutte le forme di protesta, non solo per i trasporti, che possano ledere la libertà di circolazione (manifestazioni in strade, autostrade, porti e via dicendo). Calca la mano il ministro Brunetta: «Lo sciopero è un diritto tutelato dalla Costituzione ma anche la mobilità, la vita, il lavoro sono valori tutelati dalla Costituzione. Senza la Cgil? «Ce ne faremo una ragione».

«Il governo attacca la democrazia e salva le corporazioni»
di Francesco Piccioni
su Il Manifesto del 27/02/2009

La risposta di Cobas, SdL e Cub
Grazie alla formula «limitativa» scelta dal governo («nei servizi pubblici essenziali») il provvedimento antisciopero che oggi prenderà in esame il consiglio dei ministri ha un primo nemico chiaramente indicato: il sindacalismo di base. Ex quadri Cgil delusi da politiche «concertative» che facilitavano spesso il sistema clientelare, ex «nuova sinistra», lavoratori di un po' tutti i tipi. Negli anni hanno fatto la storia delle vertenze in Alitalia, Ferrovie dello stato, nella scuola, in molti comparti del pubblico impiego e della sanità; ma anche in Telecom o all'Enel, in Atesia.Insieme a questa componente politicamente chiara, sono esistite anche forme di microsindacalismo corporativo, spesso fatto di poche decine di iscritti, abilissimo nell'annunciare scioperi che non avrebbe poi mai fatto per meglio contrattare sottobanco privilegi e sinecure da «casta». Questi rimarranno vivi, naturalmente. Magari all'interno di quel più grande contenitore corporativo che è l'attuale Cisl di Bonanni.Il sindacalismo di base ha reagito ieri dimostrando di aver ben chiara la portata politica di questo provvedimento, che fa da apripista ad analoghi diktat sul settore privato (mettendo al muro anche la Cgil), con l'intento di metter fine a un diritto costituzionale (il diritto di sciopero, secondo la Carta, è individuale e non delegabile ad alcuna organizzazione, di qualunque entità). In una nota inviata alla stampa Cobas, Sdl e Cub lo definiscono «un attacco alla democrazia». La ragione è semplice: c'è la crisi, diventerà più pesante e questo esecutivo si prepara a governarla nell'unico modo che conosce, quello «militare». «Dietro un linguaggio formalmente tecnicistico - dicono i tre sindacati - il governo predispone la legislazione per gestire la fase attuale e futura di grave crisi economica e le conseguenti risposte dei lavoratori al tentativo di farne pagare a loro il costo». Non è un'illazione malevola, nel testo ci sono «norme che dovrebbero impedire di bloccare strade, aeroporti e ferrovie, forme di lotta utilizzate da tutti i lavoratori in casi particolarmente drammatici». Del resto, il combinato disposto di tutte le «novità» introdotte in materia di regolamentazione delle relazioni industriali appare decisamente a senso unico. E chiarissimo. «L'attacco al contratto nazionale, le nuove norme che si intendono introdurre sulla rappresentatività sindacale, la nuova concertazione tra governo, confindustria e sindacati confederali (meno la Cgil, ndr) che si è trasformata in una vera e propria alleanza neocorporativa, sono elementi finalizzati ad impedire le rivendicazioni e la difesa dei diritti dei lavoratori». Da un lato, dunque, si impedisce di fatto lo sciopero (comunque già più difficile, in tempi di crisi e disoccupazione crescente), dall'altra si dichiara preventivamente illegale qualsiasi altra forma di lotta «non virtuale».La memoria storica dei ferrovieri italiani, Ezio Gallori, ha facile gioco a ricordare che «per noi extra confederali, delle nuove regole oggi non ce n'era neppure bisogno: lo sciopero era quasi vietato». Tra differimenti di autorità, precettazioni, «procedure di raffreddamento» e via limitando. Con un messaggio finale al custode della Carta: «voglio ricordare ciò che diceva il mio concittadino Piero Calamandrei, padre della Costituzione: 'in una società dove esistono più classi, lo sciopero è un valor... per questo non va represso ma caso mai stimolato'. Oggi questo non è più vero perché c'è una classe sola: quella dei padroni». Naturalmente quella di Gallori & co. non è una resa. Il sindacalismo di base ha già convocato una manifestazione nazionale a Roma per 28 marzo. Mercoledì 4 ci sarà anche il secondo sciopero (in due mesi) dell'«era Cai». Non solo per dire «ci siamo», ma a costituire un punto di riferimento per chi, dentro le nuove gabbie, ci sta decisamente stretto.

Diritto di precedenza
di Loris Campetti
su Il Manifesto del 27/02/2009

Il diritto di circolazione dei cittadini viene prima del diritto di sciopero dei lavoratori. In realtà, davanti ai lavoratori c'è una schiera di soggetti con diritto di precedenza, a partire naturalmente dai consumatori. Tutti hanno più diritti dei lavoratori, così dev'essere, e ha ragione il governo Berlusconi a lanciare prima anatemi e poi leggi pesanti come pietre per ridimensionarne le pretese. Ha ragione, visto che quasi nessuno nelle sfere della politica sembra indignarsi e due dei tre sindacati più rappresentativi si dicono disposti a discutere una legge che cancella il diritto di sciopero nei trasporti. Una volta ancora la Cgil viene lasciata sola, il neo segretario del Pd Franceschini ha problemi più seri di cui occuparsi e dunque il ministro Sacconi può dire tranquillamente che un accordo separato in più non gli farà perdere il sonno.Ma è proprio vero che i tranvieri ci impediscono di circolare? Non si direbbe, data la continua diminuzione del tasso di scioperosità. Né si può dire che vengano violate continuamente le regole ferree già esistenti per imbrigliare e rendere difficile la mobilitazione sindacale nei servizi di pubblica utilità: le contestazioni del comitato di garanzia riguardano lo 0,7% degli scioperi proclamati nel settore dei trasporti.Allora, di che cosa stiamo parlando? Del fatto che ogni volta che si vogliono cancellare diritti sociali, sindacali, civili, di cittadinanza si inventano emergenze a palazzo Chigi e si rafforzano con la collaborazione attiva della maggioranza dei media. Che si tratti di bastonare gli immigrati e i rom, di speculare sugli stupri o sul diritto di morire quando non c'è più vita. L'emergenza è una forma precisa - lucida, per quanto autoritaria e populista - del nostro governo.È scaltro Berlusconi, come scaltri sono i suoi ministri di punta. Partono dai sentimenti peggiori di una popolazione colpita dall'unica emergenza non riconosciuta, quella sociale. Parlano alla pancia, agli intestini del paese. Chi non ce l'ha con gli autisti degli autobus che non arrivano? Si comincia a colpire dove è più facile raccogliere consenso, per poi proseguire la caccia grossa contro tutti gli altri lavoratori. Il diritto di circolazione non è che un grimaldello per scardinare quel che resta in Italia del diritto del lavoro. Ha ragione uno dei più prestigiosi leader sindacali della stagione passata, il cislino Pierre Carniti, che in un'intervista al manifesto pubblicata a pagina 6, denuncia: dobbiamo smetterla di dire che quello che abbiamo è un governo cattivo, «è un governo di destra, è il governo dei padroni».Sta diventando prassi lanciare la polizia contro gli operai che scioperano o difendono le loro fabbriche e le loro macchine, all'Alfa di Pomigliano come all'Innse di Milano. Legge e manganello, sono due buoni sistemi di persuasione. Due rotaie per portare il trenino italiano verso un futuro più ingiusto, più classista, più autoritario. La democrazia, il diritto di chi lavora a dire la parola finale sugli accordi che li riguardino, è soltanto un freno alla corsa del trenino.Siamo matti noi, oppure è a rischio la democrazia di tutti?

«Sono degli incoscienti. Protesteremo comunque»
di Fabio Sebastiani
su Liberazione del 27/02/2009

Le reazioni dei delegati dei vari settori: «La misura è colma»
«Ancora costrizioni? Basta, non ne possiamo più». Davanti all'ennesimo attacco al lavoro e ai lavoratori non resta che registrare tanto sconforto. La reazione dei delegati dei vari settori (trasporti, sanità, commercio, manifattura) al provvedimenti dell'esecutivo sul diritto di sciopero è unanime: «Non credano che la gente poi non cerchi comunque un modo per protestare, perché la misura è davvero colma». Articolo 18, pensioni, mercato del lavoro, accordo separato sui modelli contrattuali: è questo il lungo rosario di spine collezionato in pochi anni dal centrodestra. Anche chi non è sindacalizzato e guarda alle organizzazioni sindacali con una certa diffidenza alla fine si sente circondato e cerca una reazione. «Se lo sciopero diventa un'arma spuntata - dice Ugo Bolognesi, Rsu della Fiom a Mirafiori - non è più un'arma. Spesso fare sciopero ha senso per l'efficacia che l'azione ha». «Prima bastava un fischio, adesso ci vuole la carta bollata». «Così è un modo per restringere ancor di più i diritti e le libertà dei lavoratori che a questo punto non hanno nemmeno più il diritto di protestare», aggiunge. Per Ugo, non è un caso che tirano fuori adesso questa restrizione, «perché gli tornerà utile per fermare le forme di resistenza che potrebbero nascere sull'accordo separato». «I lavoratori ne parlano e sono sdegnati. Si parte dai trasporti ma hanno capito benissimo che verrà esteso alle altre categorie», dice Beppe Costa, anche lui delegato a Mirafiori. «Il messaggio è che si stanno preparando a una riforma totale sul lavoro», aggiunge. «Anche perché è quella la direzione di Confidnustria», dice a sua volta Carlo Carelli, Rsu dei Chimici della Cgil. «Una qualche forma di regolamentazione è già scritta nel contratto della nostra categoria - aggiunge - e si chiama procedura di raffreddamento». Il raffreddamento è stato introdotto con l'ultimo accordo di categoria e prevede una "sospensione" di quindici giorni prima della dichiarazione di sciopero vera e propria. Se dopo la prima settimana non si trova una soluzione va all'ufficio provinciale di conciliazione. «L'attacco è generalizzato - aggiunge Carlo - gli spazi di democrazia vengono sempre più limitati. Siamo costretti a difenderci nelle pieghe delle regole con iniziative di singoli reparti». Anche per Carlo, comunque, è chiaro che «Confindustria sta avanzando alla grande». «Per noi il diritto di sciopero è l'unico elemento tangibile di democrazia». «Spesso lo sciopero ha un valore generale - conclude - e, per esempio, serve per attirare investimenti e quindi spronare l'azienda alla crescita». Roberto d'Agostino è un rappresentante sindacale della sigla Sindacato dei lavoratori, e lavora nel trasporto pubblico a Roma. «Ho già difficoltà ad accettare la 146 che sta già regolamentando il diritto di sciopero spuntandolo in nome di un misteriorso diritto di circolazione». «La verità è che non blocchiamo la produzione - aggiunge - ma disagi per alcune categorie più deboli. Di fatto facciamo uno sciopero che non dà fastidio a nessuno. Lo sciopero è un'arma spuntata». Roberto parla poi della piaga delle esternalizzazioni in cui le aziende prendono comunque i soldi dal Comune e in caso di sciopero risparmino sui dipendenti. «Inasprire ancora non serve alla cittadinanza. E' un'arma per far tacere ogni forma di denuncia da parte dei lavoratori», continua. «Il timore è che questa dittatura troverà il sisostegno di alcuni sindacati che già erano d'accordo con gli scioperi virtuali», dice. L'umore dei lavoraotri? A un'azione di protesta costretta dentro mille regole i lavoratori individuano sempre più lo sciopero senza regole. Questo l'abbiamo detto più volte alle controparti. Quando dichiariamo lo sciopero nessuno ci segue. Ci seguono quando blocchiamo i depositi. La legge è un incentivo a trovare le forme estreme di lotta. Sono degli incoscienti. Non si rendono conto che c'è una situazione nel mondo del lavoro che è vicina all'esasperazione. Eliminano anche la minima forma di sfogo». «In particolare nella Sanità - dice Mauro Menghi, delegato della Fp-Cgil - la regolamentazione è piuttosto rigida. E se vogliono dare unan stretta ulteriore vuol dire che stanno mettendo in campo uno strumento devastante per la vita democratica del Paese». «L'autorizzazione allo sciopero vuol dire scoraggiarlo fin dall'inizio - aggiunge - e non è un caso che arriva adesso, quando la Cgil sta cercando di difendersi da un attacco senza precedenti». «I lavoratori da quel po' che hanno capito avvertono che è in atto un intervento repressivo». Come già avvenne con il decreto antifannulloni, «che nessuno ha capito». «O meglio hanno capito che diventa più facile e demagogico colpire i lavoratori e non i poteri forti che continuano a curare i loro interessi». Umberto Longo è un delegato della Cai-Alitalia. «Se davvero vogliono introdurre un'altra regolamentazione alla fine il risultato sarà quello di dare più potere alle aziende, mentre il lavoratore deve essere libero di esprimere il proprio malcontento», dice. In questo modo gli scioperi non si faranno più. E queste regole avranno l'effetto di incattivire i lavoratori e basta». Per Roland Caramelle, rappresentante sindacale della Filcams-Cgil (Commercio), «il periodo dello scontro si sta avvicinando perché c'è molto malcontento tra i lavoratori». «Questo è un attacco anticostituzionale. Uno dei tanti», il cuij scopo è quello di «limitare e depotenziare il conflitto espresso dai lavoratori», aggiunge. «Il provvedimento, però, rischia di essere un boomerang perché la gente fa sciopero per avere efficacia e visibilità, e se non ci sarà più lo sciopero sceglierà altre proteste, tipo la disobbedienza civile».

Sciopera pure, ma "virtualmente"
di Marco Sferini
su Lanterne rosse.it del 27/02/2009

Le vie della virtualità sono infinite, e così anche quelle del campo peggiorativo del complessivo mondo dei diritti che viene sempre più ridimensionato, vilipeso e sostituito con nuove categorie presuntamente fatte percepire come essenziali ai nuovi modelli e stili di vita sotto la cappa della crisi economica globale.Il governo ogni giorno suona una carica e va ad un attacco: quello annunciato per i prossimi giorni riguarda il diritto di sciopero dei lavoratori dei trasporti. Dice Palazzo Chigi: cari lavoratori e care lavoratrici, voi che guidate autobus, treni, e qualunque mezzo pubblico indispensabile per i quotidiani spostamenti dei cittadini, non siete come tutti gli altri, avete un obbligo in più e quindi dovete essere soggetti ad un regime differente di impostazione delle modalità di sciopero. Il governo, in sostanza, impone ai lavoratori uno "sciopero virtuale": si dichiara di voler asternersi dal lavoro ma al lavoro si deve andare ugualmente. Dovere civico, diranno i signori del centrodestra. Truffa, sfruttamento e abolizione di un diritto è il minimo che si possa dire per qualificare questa stretta che si vuole imporre con il placet, prontamente giunto, di Cisl, Uil e Ugl. La nuova formazione di rapporti sindacali, ormai consolidata sotto l'era terza del Cavaliere nero di Arcore, si consolida sulla base di assensi sempre più ostili verso il mondo del lavoro tanto da far apparire cislini e uillini non tanto come sindacati ma come associazioni di categoria di Confindustria e del governo: per la categoria del lavoro subordinato esclusivamente ai voleri e alle necessità imprenditoriali.La Cgil e i sindacati di base resistono e dicono di "no" a questa violenza nei confronti di un settore, quello dei trasporti, che non ha nessuna caratteristica da meno rispetto ad altre categorie (si pensi al settore sanitario o a quello della scuola) per essere classificato come "speciale" e per questo oggetto di una revisione della normativa che regola le agitazioni sindacali e le proteste operaie e di tutti i lavoratori su rotaia, gomma o altro mezzo che sia.L'azione governativa si mostra per quello che è: solamente un gravissimo attacco a diritti consolidati da anni di lotte e che ponevano come esclusiva "pregiudiziale" un preavviso abbastanza ampio per poter indire uno sciopero, ma mai e poi mai un esecutivo avrebbe potuto chiedere - con un sindacato veramente tale e unito su questioni così fondamentali per la tenuta di tutto il generale apparato dei diritti dei lavoratori - ai cittadini di esercitare "virtualmente" uno sciopero, di andare a lavorare ugualmente facendo finta di protestare. Io sciopero ma guido ugualmente l'autobus. Sarebbe come dire: io annuncio che faccio la dieta ma mangio ugualmente. Peccato che qui ad ingrassarsi siano sempre e solo le controparti padronali che, a fronte della rinuncia del salario per la giornata di sciopero (perchè lo sciopero sarà pure virtuale, ma il prelievo del salario è reale!), costringono il lavoratore a prestare comunque la sua manodopera, a fare ciò che invece la natura vera e primigenia dello sciopero impone di non fare: per l'appunto lavorare.Come è possibile classificare come "sciopero" la non interruzione della produttività in presenza comunque della decurtazione in busta paga delle ore esercitate come diritto di astensione dal lavoro?Come ci si può dichiarare "astenuti dal lavoro" e al contempo essere presenti sul proprio luogo di lavoro e, di più, pienamente operativi in tal senso?Il pacchetto di norme che il governo sta preparando non ha veramente alcun precedente in questo Paese, in Europa e nell'universo mondo.Negli anni passati attacchi su attacchi sono stati portati alla Legge 300, all'articolo 18, a mille altre garanzie che le lotte operaie avevano formato come terreno essenziale per un rapporto tra le parti in causa nel ciclo produttivo.Oggi questi attacchi sembrano piccole scaramuccie davanti ad una volontà governativa, ben protetta e diretta dagli ambiti confindustriali e dalla dirigenza nazionale di Cisl e Uil, che non tanto nega una forma, ma la vera e propria sostanza su cui poggia il sacrosanto diritto di protestare con l'unico mezzo che un lavoratore ha: incrociare le braccia e provare a modificare i rapporti di forza con questa lotta che ha avuto un riconoscimento secolare, che è stata adottata in tutto il mondo e che oggi diventa evidentemente troppo ingombrante, pericolosa e comprimente la necessità di espansione del mercato nel mezzo di una crisi economica che nessuno sa gestire se non con improvvisate dichiarazioni di nazionalizzazioni finte che, ogni volta che vengono nominate, hanno sempre più il gusto della cessione di denaro sonante pubblico ai privati e non di assunzione di responsabilità di gestione da parte dello Stato nei confronti di grandi gruppi bancari che oltre ad un fallimento economico dichiarano anche un fallimento di impresa, di gestione dei loro capitali.Nel bel mezzo di tutto questo disordine dell'economia, l'attacco al diritto di sciopero è un fattore di inquietudine che conferma l'analisi del deperimento democratico in ogni settore sociale di questo Paese.La risposta deve essere durissima: occorre chiamare alla mobilitazione non solamente i lavoratori interessati da queste modificazioni omicide del diritto allo sciopero, ma tutta la società civile e democratica. Dagli studenti ai pensionati, dai precari ai senza lavoro, dalle altre categorie lavorative al mondo dell'intellettualità. Dalla società organizzata in comitati e gruppi di protesta ai partiti della sinistra comunista, socialista, a quelli ecologisti e a tutti coloro che ancora giurano di voler salvaguardare la nostra Costituzione e quindi anche tutto quello che oggi viene messo in aperta, plateale discussione. Prima che sia veramente troppo tardi. Anzi, lo è già.

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