Verso le europee

Il caso Rifondazione plana in Europa
di Matteo Bartocci e Alberto D'Argenzio
su Il Manifesto del 10/03/2009

Viale del Policlinico pronto al veto contro gli ex compagni «vendoliani»: illegale l'uso del simbolo del Gue.

Può sembrare paradossale ma a sinistra si può litigare, e parecchio, anche per un simbolo sconosciuto al genere umano come quello del Gue/Ngl, il gruppo parlamentare della sinistra europea e degli ambientalisti nordici a Strasburgo. Prima di Vendola e compagni fuoriusciti dal Prc, infatti, nessuno in Europa si era mai sognato di usare alle elezioni questa anonima ondina rosso-verde, che alle elezioni di giugno invece dovrebbe campeggiare con pari dignità nel loro simbolo accanto a quello del Pse, il gruppo socialista europeo di Fava e Nencini. La questione, ovviamente, è tutta politica. E il caos italiano rischia di terremotare prassi consolidate a Bruxelles e dintorni. Quasi sicuramente venerdì sarà ufficializzato a Roma il cartello «sinistra e libertà»: sole che ride ben in vista, scritte rosso-verdi, riferimenti ai gruppi dei socialisti e dei comunisti. Domenica scorsa il consiglio federale dei Verdi ha dato il via libera all'alleanza elettorale col 60% dei sì (48 voti contro 35). L'ultimo ostacolo a Roma sembra ormai superato. Ma non è ancora detta l'ultima parola.Da Prc e Pdci, infatti, è già partito un fuoco di sbarramento che questa settimana potrebbe approdare nel board del gruppo parlamentare. «Il Gue è il simbolo di tutti ed è discutibile che lo usino solo alcuni - spiega il responsabile esteri di Rifondazione Fabio Amato - ci confronteremo con gli altri partiti in Europa e valuteremo». Non è raro che dallo stesso paese aderiscano partiti diversi, accade in Portogallo (Bloco de Esquerda e Pcp), Grecia (Synaspismos e Kke), in Francia e anche in Italia (Prc e Pdci appunto). In nessun paese però la sinistra europea è divisa in tre e di certo nessuno ha mai usato quel simbolo, tantomeno accanto a quello del Pse, che a Strasburgo è un deciso antagonista del Gue. «Il Prc ha firmato un programma elettorale comune a 32 partiti del continente - insiste Amato - il Pse è per la Nato e noi siamo contro la Nato, noi siamo critici sul percorso di Lisbona e il Pse no e così via. Noi siamo una lista di sinistra, quel cartello è una contraddizione elettorale che morirà subito dopo il voto». Una tesi su cui concorda Jacopo Venier, coordinatore della segreteria Pdci, «in parlamento si lavora tutti insieme ma che qualcuno usi il simbolo del gruppo contro i partiti che ne sono membri è paradossale. Un tentativo che rischia di creare se non un effetto domino un precedente pericoloso per il resto del continente. Non è possibile metterlo sulla scheda». Un alto funzionario del Gue ben addentro alla materia ma che per cautela preferisce rimanere anonimo afferma che «ciascun eurodeputato è libero di usare quel simbolo» anche se, precisa, «questo tipo di problemi qui non ha precedenti». Una linea simile a quella di Roberto Musacchio, eurodeputato «vendoliano» tuttora coordinatore di Rifondazione in Europa, sicuro che questa sia la tesi giusta: «E' un simbolo nella disponibilità di ciascuno, se si vuole discutere ne discuteremo ma io sdrammatizzerei la questione, il Pse ha dato il suo via libera senza problemi». Di parere diverso però Giusto Catania, eurodeputato rimasto nel Prc di Ferrero: «La questione è politica, per me quel simbolo non è utilizzabile, soprattutto perché messo accanto agli altri dimostra platealmente che la lista di sinistra è un cartello senza riferimenti chiari». Prc e Pdci insomma non escludono la minaccia del veto e pensano di avere argomenti validi a convincere i compagni europei. Sui quali francesi, tedeschi e greci (cioè le sinistre messe meglio a livello continentale) per ora sembrano cauti ma sensibili. Anche perché via del Policlinico getterà sul tavolo il paradosso di iscritti a Rifondazione che si presentano contro il proprio partito. Quasi nessun «vendoliano» infatti all'atto della scissione ha restituito la tessera. Un'emorragia reale ma non dichiarata ufficialmente che ha alla base anche dissidi su stipendi e sezioni.

Lothar Bisky: «Die Linke sta con il Prc»
di Alessandro Braga
su Il Manifesto del 10/03/2009

Lothar Bisky, fondatore in Germania (insieme a Oskar Lafontaine) di Die Linke, è anche presidente della Sinistra europea. Sabato scorso è stato a Milano, al teatro Carcano, per un incontro in cui si discuteva su come uscire dalla crisi da sinistra, insieme al segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero.
La sua presenza qui vuol dire che come Die Linke appoggiate per le elezioni europee Rifondazione comunista?
Sono qui perché Rifondazione comunista mi ha invitato. Il Prc è membro della Sinistra europea, di cui io sono presidente. Quindi è ovvio che appoggi la loro campagna elettorale.
Ma la scorsa settimana a Berlino ha incontrato anche Nichi Vendola. Cosa vi siete detti?
Come presidente di Sinistra europea ho necessariamente relazioni, diciamo 'istituzionali', anche con le altre sinistre. E in quest'ottica incontro tutti. Ma in Europa rispetto alla Sinistra europea ci sono partiti membri e partiti osservatori. Il Prc fa parte del nostro gruppo, io appoggio il loro lavoro e mi auguro che il risultato elettorale di giugno sia il migliore possibile. E per questo vorrei aggiungere una 'preghiera' ai politici italiani di sinistra.
Prego.
Chiedo che non ci lascino a Bruxelles soli con la destra italiana. Serve qualcuno che la conosca bene per fronteggiarla anche in Europa.
Per farlo bisogna riuscire ad essere eletti. Voi siete in costante crescita di consensi, qui in Italia non si può dire lo stesso.
Con Die Linke siamo riusciti a cambiare la costellazione dei partiti in Germania. Mentre i partiti più grossi perdono consensi noi siamo i più forti all'est e anche all'ovest riusciamo a raggiungere sempre almeno il 5%. Per questo puntiamo, nelle elezioni per il Bundestag di settembre, al 10%. Abbiamo buone speranze, la popolazione ci vede come una forza che denuncia i tagli sociali, porta avanti le lotte, insomma che fa opposizione. Tra la gente, anche tra chi non ci vota, ormai c'è un nuovo modo di dire, di cui siamo davvero felici: «Die Linke dice ciò che è». Vuol dire che siamo credibili.
In Italia c'è stata anche la proposta di una lista unitaria. Come la vede?
Guardi, una proposta del genere avrei potuto farla pure io. Ma preferisco non immischiarmi in affari italiani, che non conosco fino in fondo, e lascio a voi la possibilità di trovare una soluzione.

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