DURANTE L'ASSEMBLEA DI CIRCOLO DI VENRDI' 16 GENNAIO 2009 IL SEGRETARIO DEL CIRCOLO PRC DI CASTELLAMMARE DEL GOLFO HA SOTTOPOSTO ALL'ATTENZIONE DELL'ASSEMBLEA UN DOCUMENTO POLITICO CHE VERRA' EMENDATO E APPROVATO NELLA PROSSIMA RIUNIONE.


DOCUMENTO POLITICO:
Il configurarsi della scissione di una componente importante del PRC pone degli interrogativi sui quali è opportuno riflettere. Per anni si è tentato di tenere insieme due anime tra loro diverse ma che erano riuscite a lavorare in sinergia ottenendo, prima che si consumasse la negativa esperienza nel Governo Prodi, buoni risultati. La scissione è quindi la sconfitta del tentativo ambizioso di coniugare da un lato la critica del comunismo reale e dello stalinismo e dall’altro un orizzonte comunista inteso come movimento operaio anticapitalista, non meramente ideologico ma di trasformazione. Il rischio che corriamo con la scissione è quello di avere da una parte una rifondazione comunista intesa come pura innovazione e sperimentazione di nuove pratiche politiche in cui paradossalmente è indicibile l’aggettivo comunista e dall’altra una rifondazione comunista generosa e puramente identitaria dove è indicibile, invece, l’aggettivo rifondazione. Ci si dimentica forse che il Partito della Rifondazione Comunista ha significato soltanto se viene qualificato da entrambi gli aggettivi che diventano nel contempo forma e sostanza: Rifondazione e Comunista. Il punto su cui si è discusso fino al logoramento è l’attualità del comunismo in questo contesto storico dominato dalla globalizzazione dei mercati. Questo elemento, nel momento in cui la destra ha riorganizzato la società attorno a modelli securitari, familisti e razzisti, invece che rappresentare un punto fondamentale su cui raccogliersi e cominciare a lottare, assumendo un punto di vista comunista, è diventato l’elemento su cui si è consumata la scissione. Lo scenario che si configura esige, a mio parere, la ricostruzione di un partito di forte ispirazione sociale che deve rifiutare i due modelli, entrambi fallimentari, di una riproposizione di cartelli elettorali calati dall’alto, da una parte, o di autosufficienze proclamate e puntualmente disattese, rifugiandosi in certezze identitarie, dall’altra. E’ necessario invertire la piramide indicando il percorso di una ricostruzione dal basso del Partito della Rifondazione Comunista iniziando dal potenziamento dei circoli territoriali. La scelta della componente “vendoliana” di lasciare il partito non viene condivisa perché antitetica al principio fondante della stessa seconda mozione che riconosceva la centralità del PRC nella ricostruzione della sinistra. Pur tuttavia non viene condivisa del tutto neanche la linea politica dell’attuale classe dirigente guidata dal neo segretario Paolo Ferrero perché poco aperta all’innovazione e alla sperimentazione di nuove pratiche politiche e di nuovi linguaggi. Troppo spesso, infatti, viene riproposto un modo vecchio e talora anacronistico di comunicare con i cittadini non tenendo conto delle trasformazioni della società. Soltanto se riusciremo a liberarci dal politicismo, l’omologazione e il verticismo potremo ritornare ad essere un Partito diverso dagli altri. Un partito dove la base, fatta di militanti, uomini e donne libere, conti di più del vertice e che già da ora sta dimostrando maggiore maturità dei suoi dirigenti ed ex dirigenti. Credo, infatti, che la scissione stia interessando più i vertici del Partito che la base a causa di vecchi rancori, ambizioni personali e delusioni esaltate dopo la sconfitta elettorale del 2008. In fondo però la crisi può e deve diventare anche una grande opportunità per rimettersi in gioco purchè venga letta in termini politici al di là dei rancori personali. La crisi del Partito della Rifondazione Comunista si inquadra, infatti, nella generale crisi della sinistra che a sua volta sottende alla crisi più generale della politica tutta. Per questo è inopportuno cercare scorciatoie ma risulta di contro più produttivo ed efficace un percorso che dal rifiuto della delega e del verticismo conduca a pratiche di democrazia partecipata in cui vengano coniugate nella sua interezza sia Rifondazione che Comunista, intese come capacità di mettere assieme innovazione, sperimentazione e anticapitalismo. Di fronte al tentativo di cancellare definitivamente ogni opposizione sociale e politica al sistema dominante, perseguito tenacemente con l’approvazione di tutti i deputati dell’ARS, a partite da quelli del PD, della legge che stabilisce lo sbarramento al 5% anche nell’elezioni amministrative, occorre mobilitarsi per contrastare la possibilità, terribilmente concreta, della scomparsa di ogni voce libera dalle assemblee elettive. Diventa necessario, pertanto, attivarsi al fine di realizzare forme di coordinamento permanente di tutte le soggettività politiche e dell’associazionismo democratico realmente alternative ai partiti del centrodestra, al fine di costruire in ogni realtà iniziative e movimenti che contrastino la deriva antidemocratica causata dall’azione dei governi nazionale, regionale, provinciale e comunale, sul tema del diritto all’istruzione, sulla sicurezza, sulla politica economica, sui migranti, sulla sanità, sui diritti civili, sulla disabilità, sulle differenze sessuali, sulla difesa delle condizioni di vita dei lavoratori, sulla precarietà.Su questi temi e sulle vertenze territoriali si può e si deve costruire nel Paese, a partire da Castellammare del Golfo, un vasto movimento che proponga classi dirigenti e programmi alternativi a quelli attualmente dominanti.
Galante Giacomo
segretario circolo PRC
Castellammare del Golfo
Venerdì 16 Gennaio 2009.

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