Scioperi nel mirino: si parte dai trasporti.

di Sara Farolfi
su Il Manifesto del 26/02/2009


Un attacco in grande stile al diritto di sciopero. A fare da apripista, i «servizi pubblici essenziali», dove il governo vuole sperimentare la sterilizzazione di un diritto sancito dalla Costituzione, con la scusa di difenderne un altro, quello alla libera circolazione. Proclamare uno sciopero nel settore del trasporto pubblico sarà sempre più complicato, impossibile forse per i sindacati minoritari; superato eventualmente lo scoglio, ogni singolo lavoratore dovrà comunicare in anticipo la propria adesione (con quali conseguenze in termini di «dissuasione» da parte dell'azienda di turno, non è difficile immaginare); fino alla farsa dello «sciopero virtuale», che in alcuni settori rischia di diventare obbligatorio. Lo sciopero che, non per caso, tutte le aziende vorrebbero.Il disegno di legge «per la regolamentazione del diritto di sciopero» arriva domani all'esame dei ministri. «Non c'è nulla di definitivo e comunque si parla solo del settore dei trasporti», si sgolano dallo staff del ministro del lavoro Maurizio Sacconi. Forse per rassicurare le voci appena appena critiche che ieri si sono levate persino da Cisl e Uil, perplesse solo sull'adesione preventiva. La Cgil, che pure aveva dichiarato disponibilità a discutere di una regolamentazione, sente puzza di bruciato: «Il governo non impedisca la manifestazione del dissenso». Anche perchè, guarda caso, l'attacco al diritto di sciopero arriva proprio all'indomani dell'intesa sulle regole della contrattazione, raggiunta senza la firma del sindacato maggiormente rappresentativo.E veniamo al merito. Potranno proclamare uno sciopero nei trasporti pubblici solo le organizzazioni sindacali «complessivamente» rappresentative di oltre il 50 per cento dei lavoratori. Se tale soglia non sarà raggiunta, sarà obbligatorio «un referendum consultivo preventivo» tra i lavoratori. Per le organizzazioni 'minoritarie', in altre parole, proclamare un'astensione dal lavoro sarà quasi impossibile. Per non dire del fatto che lo sciopero è, costituzionalmente, un diritto individuale prima ancora che un esercizio collettivo. Obbligatoria sarà anche «la dichiarazione preventiva di adesione» del singolo lavoratore. Così che nella migliore delle ipotesi l'azienda possa tranquillamente variare i turni di lavoro e coprire le assenze, nella peggiore 'dissuadere' (certa del successo) il lavoratore dall'astensione. Fabrizio Solari (Cgil) parla di «uno strumento di coercizione delle libertà individuali». Ma la ciliegina è l'obbligatorietà dello «sciopero virtuale» che potrebbe arrivare per alcune categorie professionali, quelle dove l'astensione dal lavoro coincide con l'impossibilità di erogazione del servizio. La protesta virtuale funziona così: i sindacati proclamano lo sciopero, il lavoratore lavora ma non viene retribuito, mentre per l'azienda è prevista una sanzione economica. Un istituto che nei fatti non esiste, spiega Solari (Cgil), perchè quasi mai si riesce a trovare l'accordo su quanto debbano pesare le sanzioni per l'azienda, «ed è chiaro che se il servizio non viene interrotto e la sanzione è lieve, di scioperi virtuali te ne fanno fare quanti ne vuoi...».Ma non è tutto, perchè il governo sarà delegato anche alla revisione delle sanzioni, «con specifico riferimento al fenomeno degli scioperi spontanei». E ancora: nel progetto di Sacconi, la cosiddetta «Commissione di garanzia sugli scioperi» dovrebbe diventare una sorta di ufficio governativo «con funzioni anche di natura arbitrale e conciliativa, anche obbligatorie o su richiesta delle parti»: che significa che un organismo che dovrebbe essere di garanzia, e dunque terzo, rischia di essere messo alle dipendenze del ministro lavoro di turno, con in più il potere di dirimere un'eventuale controversia tra le parti (azienda e lavoratori). Infine, un primo allargamento fuori dal perimetro del trasporto pubblico: laddove si vietano forme di protesta o sciopero lesive del diritto alla mobilità e alla libera circolazione, «anche attraverso l'individuazione, nei contratti collettivi relativi a servizi non essenziali, di specifiche procedure per la proclamazione». Con esplicito riferimento a tutte quelle proteste arrivate sui binari di una stazione, o sul ciglio di una strada.«Tocca ricordare - conclude Solari - che la legge attualmente in vigore è la più severa d'Europa ed è anche una legge osservata visto che le contestazioni della Commissione di garanzia non vanno oltre lo 0,7% degli scioperi proclamati». «Su temi così delicati, il governo dovrebbe concertare di più», dice l'ex ministro del lavoro Cesare Damiano. L'extraparlamentare Claudio Fava (Sinistra democratica) parla di una «scorciatoia autoritaria per ridurre i diritti dei lavoratori». Mentre, al solito, i toni più accesi arrivano dall'Idv: «Giusto pensare alo sciopero virtuale, perchè siamo in una democrazia virtuale».

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