Partiamo dalla società per non morire di morte lenta.

All'interno del Partito della Rifondazione Comunista si è consumata una scissione. Il frutto di questa frattura, vissuta tutta all'interno dei vertici del Partito e che ha interesato poco e niente la maggior parte dei militanti, è il risultato di un dibattito lacerante e, a luoghi stucchevole, tra le diverse anime che regnano in seno al PRC: la componente comunista che guarda alla centralità del Partito nella ricostruzione della sinistra in Italia e quella che ha dato luogo alla scissione che vuole andare oltre, credo su posizioni più moderate e governiste.

Sarebbe più costruttivo, a mio giudizio, piuttosto che alimentare una discussione sterile e vuota all'interno di chi già delle scelte, condivisibil o meno, le ha fatte a Chianciano, ragionare sulla crisi della sinistra, che non risparmia nessuna parte politica, compresa Rifondazione Comunista, senza cercare scorciatoie e analizzando con cura le trasformazioni della società.


Soltanto se si riuscirà a trasformare il Partito della Rifondazione Comunista in un "Partito Sociale", ossia uno strumento capace di stare all'interno della società favorendo in seno al corpo sociale, il confiltto di classe, le lotte operaie e le vertenze territoriali, si potrà uscire fuori da questa crisi.


Un crisi della politica che nasce dal politicismo, l'omologazione e il verticismo.


Chi ci vedeva da fuori ha premiato, negli anni passati, la nostra capacità di non essere uguali agli altri, nei comportamenti e nelle lotte.
Conclusa la parentesi negativa all'interno del Governo Prodi, chi ci vede da fuori, ci ha omologato agli altri.
Chi ci vede da fuori, adesso, esige innovazione e capacità di comprendere la società e le sue repentinee trasformazioni conseguenziali agli effetti deleteri della globalizzazione.


Non consumiamoci con un dibattito tutto interno al nostro Partito.
Apriamo un dialogo continuo con la società.
La forma Partito rimane ancora uno strumento efficace se è capace di sperimentare, innovare e aprirsi sul terreno del conflitto sociale e del lavoro, altrimenti è destinato, schiacciato da questo bieco bipolarismo degli affari (PD, PDL), a morire di morte lenta.




Giacomo Galante

1 commenti:

Una classe dirigente che ha avuto grandi meriti e ha ricevuto grande consenso è, in seguito, risultata incapace di tradurre questo consenso in fatti anche a costi alti come un'eventuale uscita dal governo Prodi. Tale immobilismo è stato visto dalla gente come un tradimento al loro mandato che si è tradotto nella grande successiva deblache dell Sinistra l'Arcobaleno.
Ora quegli stessi dirigenti, almeno alcuni, scelgono di andare via. Mi chiedo DA CHI?; CON CHI?;
Nei fatti non riconoscono le loro responsabilità e non operano di conseguenza. Quando il fallimento politico e manifesto, bisogna avere il coraggio di fare un passo indietro. Ritengo che sia venuto il momento di smettere di avere generali senza truppe. Ripartiamo con impegno, umiltà e serenità cercando di tornare ad essere il partito della gente e per la gente. Serve l'impegno di noi tutti e il tempo ci darà ragione.
Camillo Navarra

16 gennaio 2009 alle ore 08:16  

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