Gli effetti negativi del "Veltrusconismo".

Per capire ed analizzare gli effetti negativi del "veltrusconismo" ci serviamo di due articoli uno attuale apparso su liberazione di oggi 22 Gennaio a firma di Dino Greco, un altro, meno recente, che tenta di delineare gli aspetti della politica di "opposizione" della compagine veltroniana. Una nuova posizione politica che basa le sue fondamenta sulla opposizione soft e su pratiche consociativistiche.



Il Partito democratico lascia sola la Cgil
tratto da Liberazione
di Dino Greco

Veltroni si schiera e va all'attacco del lavoro. Su tutto il fronte. La lunga intervista concessa ieri al Sole 24 Ore , malgrado qualche passaggio criptico, non lascia margini d'equivoco. La latitudine dell'intervento è vastissima. Innanzitutto le pensioni, tema sensibile su cui da oltre tre lustri si sforbicia a oltranza. La disponibilità dichiarata è quella ad un «adeguamento dei coefficienti che darebbe un po' di respiro ai conti pubblici». In soldoni, ciò vuol dire che per destinare qualche risorsa all'estensione degli ammortizzatori sociali per la platea che ne è ancora priva bisogna decurtare il valore delle pensioni. Ancora una volta la tesi è che l'operazione si deve fare "a costo zero", spalmando quel che c'è, togliendo da una parte ciò che si mette dall'altra: tutto rigorosamente dentro il perimetro del lavoro. Poi Veltroni si allarga, e in una esternazione dall'afflato formalmente unitario chiede al sindacato di superare vecchie incrostazioni ideologiche e riprendere il cammino unitario. Ma l'appello, con tutta evidenza, non è neutro. E' sulla Cgil che si fa pressione. Dopo una sequenza impressionante di accordi separati (commercio, lavoratori pubblici, scuola, Telecom, ecc.) ed altri in gestazione (sul testo unico in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e in alcuni grandi gruppi industriali), Cisl e Uil si apprestano ora a sottoscrivere con le associazioni imprenditoriali - complice il governo - un accordo generale sul modello contrattuale. Veltroni non può non saperlo. Ma proprio mentre Guglielmo Epifani spiega le robuste ragioni che impediscono alla Cgil di unirsi al coro, egli rivolge alla Cgil l'invito a piegarsi al diktat confindustriale. Che, come è noto, delinea e formalizza un modello negoziale imperniato sulla progressiva eutanasia del contratto nazionale, sulla riduzione programmata dei salari, su una contrattazione integrativa limitata ad un'area ristretta di lavoratori e di lavoratrici, subordinata ad un aumento della fatica, delle ore lavorate e legata alle performance dei bilanci aziendali. Veltroni non può non vedere che quell'intesa incide nella carne viva delle relazioni industriali, muta il carattere stesso del sindacato, ne compromette l'autonomia, prefigura un sindacato consociativo che sostituisce la contrattazione con una rete di commissioni bilaterali. Ma è esattamente questo sindacato, aconflittuale, collaborativo, sterilizzato della sua identità progettuale, ad inscriversi perfettamente nella cosiddetta cultura "riformista".
22/01/2009


Che cos’è il veltrusconismo?
articolo di Carlo Gambescia
Esistono termini che raffigurano perfettamente una situazione. Di più: che possono aiutare a “categorizzare” concettualmente un fenomeno sociopolitico. Uno di questi è senz’altro quello di veltrusconismo, che ha il pregio di ricondurre sotto la stessa categoria due importanti personaggi politici italiani: Veltroni e Berlusconi, apparentemente diversi…
Il veltrusconismo rinvia però a due fenomeni generali, che caratterizzano la politica delle democrazie europee post-caduta dell’ Unione Sovietica. Il primo è quello della politica-spettacolo. Il secondo è quello della politica-interesse. Due fenomeni che hanno radici culturali e politiche statunitensi. Ma questa è un’altra storia…
Fare politica-spettacolo significa trasformare sistematicamente in evento politico, non il problema che deve essere risolto, ma la promessa di soluzione del medesimo fatta pubblicamente dal leader a coloro che "subiscono" il problema stesso. Il fatto politico, grazie alla complicità dei media, diviene non la situazione di disagio, ma il leader, che visita e stringe le mani, dei “disagiati”, magari mostrando grande commozione. Si sposta, insomma, l’attenzione, dalle cause (pubbliche) alle qualità (private) carismatiche del leader Fare politica-interesse significa costruire una politica fondata solo sugli interessi. Sostanzialmente, la politica diviene gestione economica degli eventi della politica-spettacolo.
Pertanto per un verso il leader intesse rapporti con quei poteri economici che consentono la realizzazione degli eventi ( e che ovviamente non danno nulla per nulla); per l’altro gli stessi eventi sono presentati come grandi successi e segni di progresso sociale. Oppure, brutalmente, lo stesso leader privilegia di fatto gli interessi privati (spesso addirittura personali) rispetto a quelli pubblici. In conclusione finiscono per contare soltanto le presunte qualità carismatiche di un leader, al tempo stesso capace di divertire e apparentemente mediare tra gli interessi: “divertire”, attenzione, nel senso latino del termine “divertere”, volgere in altra direzione...
In buona sostanza, perciò il veltrusconismo è un continuo sviamento dai problemi veri. Una “tecnica” che ha le sue radici profonde nell' atteggiamento carismatico del leader, attentamente costruito nel tempo, grazie a complicità sistemiche. Il che rivela, però, due debolezze di fondo.
La prima è che lo “sviamento” può essere valido fin quando non si diventa Presidente del Consiglio. Perché, una volta ghermito il potere, l’attendismo carismatico non basta più, si deve decidere e dunque assumere posizioni politiche autentiche (nel senso della decisione come inevitabile fonte di conflitto). E qui è inutile ricordare il fallimento “politico” di Berlusconi. Quanto a Veltroni, basta sottolineare che non gli sarà possibile governare una nazione, organizzando festival cinematografici in tutte le città e stringendo ogni giorno la mano a sessanta milioni di italiani.
La seconda debolezza è evidenziata dal fatto che quando Berlusconi e Veltroni sono costretti ad assumere posizioni politiche “vere” affiora subito la natura conservatrice del loro sentire. Praticamente in tema di economia e politica estera hanno le stesse posizioni: sono entrambi favorevoli al lavoro flessibile, ai tagli al welfare e a una politica estera filoamericana.
Nonostante tutto, il veltrusconismo sembra oggi vincente. Perché? In primo luogo è favorito dal sistema di potere economico che vi scorge un utile alleato. In secondo luogo è apprezzato, diciamo così, dalla cultura postmoderna dell’ effimero, che si nutre e nutre, in tutti i sensi, il veltrusconismo.
In terzo luogo, la caduta (per alcuni provvisoria) delle grandi ideologie ha favorito la personalizzazione della politica e la riduzione di essa a puro patto di scambio - basato sugli interessi e non sulle passioni politico-ideologiche - tra leader e cittadini sempre più desiderosi, grazie a quella cultura dell’effimero veicolata dai media, di “divertirsi”… Di dimenticare i problemi, pensando ad altro.
In conclusione, piaccia o meno, se non muteranno le basi sociali e culturali di cui sopra, sarà molto difficile liberarsi dal veltrusconismo. Sempre che non intervenga una gigantesca crisi economica, capace di rimettere in gioco tutto. Ma a quel punto il processo di recupero delle diverse identità e delle passioni collettive potrebbe essere complicato da quel bisogno di affidarsi a un leader decisionista, che i gruppi sociali, soprattutto se disgregati, mostrano regolarmente nelle grandi crisi storiche.
Così al veltrusconismo, almeno in linea ipotetica, rischia di sostituirsi un “grandefratellismo” totalitario, segnato non da mostre del cinema e “Contratti con gli Italiani” ma da grandi parate militari.

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