Articolo tratto da liberazione del 21.01.2009 di Dino Greco il nuovo direttore del giornale comunista.


L'altra America alla prova. Con questo titolo abbiamo aperto il giornale di ieri, in attesa del discorso di investitura di Barack Obama, per rappresentare la consistenza delle aspettative e, contemporaneamente, l'inanità del compito. E lui, il primo presidente nero del più potente paese del mondo, non ha deluso. Nella imponente scenografia davanti al Campidoglio si è colta una connessione sentimentale fra il neo presidente americano e il suo popolo, segnata da un'autenticità reale. L'attesa di una svolta profonda nei metodi e nei contenuti della politica americana - screditata fino all'impresentabilità dall'amministrazione Bush e travolta nella sua presunzione di onnipotenza dal tracollo economico finanziario - era davvero grande. Neppure i legittimi dubbi suscitati dalla scelta degli uomini chiave dell'establishment e da qualche evidente torsione moderata del programma con cui Obama aveva galvanizzato l'America liberal nel corso della campagna elettorale hanno affievolito un feeling che ora dovrà superare la prova del governo. Proporremo nei prossimi giorni una riflessione più accurata e articolata. Su alcuni punti merita tuttavia soffermarsi subito. Innanzitutto la voglia di scrollare di dosso dall'America l'odio, il sentimento di repulsione che la sua politica di potenza guerrafondaia si è guadagnata in giro per il mondo. La rivendicazione della pace, la mano tesa al mondo musulmano, la condanna della violenza, dei massacri di inermi, il futuro da assicurare ad ogni bambino e ad ogni latitudine sono parse evocare i drammi recenti in terra di Palestina. Il leit motiv della sicurezza del popolo americano è stato coniugato con il rispetto dei diritti umani. E poi la crisi, non solo dovuta all'inopinata irresponsabilità di pochi, ma frutto di errori di fondo che hanno compromesso diritti fondamentali, al lavoro, all'istruzione, all'abitazione, all'assistenza sanitaria, ad una retribuzione e ad una previdenza decenti. Il mercato resta (poteva non esserlo?) il perimetro dentro il quale ricostruire l'economia, ma va posto sotto controllo perché altrimenti esso diventa una cuccagna per i ricchi ed un lavacro per i poveri. Ed anche la crescita del Pil non dice nulla se non c'è redistribuzione della ricchezza. Sembra incrinarsi, sotto i colpi della crisi, l'antica mitologia che vuole il tenore di vita del popolo americano non negoziabile: «Il declino - dice Obama - non è inevitabile, ma dobbiamo cambiare i nostri obiettivi», il modo di produrre, in una neonata vocazione ecologica. «Useremo il sole, il vento, la terra», in una sorta di riconciliazione con la natura. E poi l'appello conclusivo alla responsabilità, condito tuttavia da un inconsueto, esplicito richiamo alla necessità di coniugare e non più contrapporre libertà ad uguaglianza.

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