Nessun bando e nessuna gara d’appalto: ecco la vittoria del sistema clientelare.Mentre l’attenzione pubblica e mediatica si concentra su quello che è ormai definito “sistema Romeo”, il governo Berlusconi inserisce tra le righe di una delle ultime leggi-flash poche righe semi-nascoste che disintegrano la legalità, la trasparenza e la legittima concorrenza degli appalti assegnati da comuni, province, regioni o dallo Stato stesso. Al danno si aggiunge perciò la beffa: proprio quando vengono messe alla luce tecniche apposite per vincere appalti pubblici in apparenza regolari utilizzando conoscenze politiche e imprenditoriali, il capo d’accusa ai danni dell’imprenditore Romeo viene praticamente preso a far parte del sistema legislativo italiano. La legge 201 del 22 dicembre 2008 dà infatti la possibilità alle stazioni appaltanti di affidare lavori con un importo compreso tra i 100.000 e i 500.000 euro senza ricorrere a gare, bandi e controlli formali. Il dibattito al Senato verteva sulla necessità, come sempre definita improrogabile, di rendere più veloci e facilmente avviabili i lavori pubblici d’Italia.
Nessuno tra i banchi della maggioranza ha pensato però quali potessero essere le controindicazioni del decreto-legge, approvato solo qualche giorno dopo dal Parlamento. Il sistema clientelare, che soprattutto nel Mezzogiorno decide di fatto da che parte debba schierarsi il bacino elettorale di gente, cui i politici nostrani offrono mazzette e promesse di lavoro, può ora definirsi sistema nazionale. Non sarà necessario neppure truccare appalti, cosa non insolita di questi tempi: da ora, gli amici degli amici avranno campo libero e guadagni assicurati. Basterà una piccola raccomandazione (a suon di soldi o di minacce) presso il politico locale di turno per ottenere l’affidamento di lavori, per i quali prima erano richieste, attraverso pubblico e regolare bando, una serie di documentazioni che attestassero la compatibilità della società partecipante, nonché una determinata percentuale di ribasso sull’originario importo di base d’asta.
Mafia, camorra, ‘ndrangheta, piccole e grandi associazioni a delinquere, sono state ad osservare il tutto e, dopo la firma del Guardasigilli Angelino Alfano, hanno esultato e brindato.
Unica, ma a questo punto banale, nota positiva è da considerarsi l’emendamento proposto dai senatori del PD, accettato (a malincuore) anche dalla maggioranza: il limite per una stessa società di superare nell’arco di un anno l’importo di 500.000 euro”. Ma il trucco è facilmente intuibile e diversamente applicabile: più lavori possono ottenerli varie ditte, precedentemente accordate o comunque facenti riferimento (naturalmente non direttamente) alla stessa persona; sono oppure facilmente costituibili associazioni d’impresa, candidabili ad esser scelte attraverso il meccanismo dei prestanome. La torta dei lavori in ogni caso sarà necessariamente divisa tra gli amici e in modo più facile rispetto al sistema dei bandi, dell’asta e dei controlli a cui prima dovevano sottoporsi tutte le aziende interessate a lavori superiori ai 100.000 euro.
L'articolo a firma di Gianluca Ricupati, potete trovarlo in versione integrale a questo indirizzo:
http://www.agoravox.it/IL-NUOVO-SISTEMA-DI-AFFIDAMENTO.html
Il pezzo fa riferimento allo stralcio che qui riporto della Legge 22 dicembre 2008, n. 201 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 298 del 22 dicembre 2008: http://www.parlamento.it/parlam/leggi/08201l.htm
10-quinquies. Allo scopo di fronteggiare la crisi nel settore delle opere pubbliche e al fine di semplificare le procedure d'appalto per i lavori sotto soglia, all'articolo 122 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, e successive modificazioni, dopo il comma 7 e' inserito il seguente:Ormai anche l'indignazione ha lasciato posto allo sconforto. La speranza che i cittadini si sveglino dal coma nel quale sono precipitati è molto remota.
«7-bis. I lavori di importo complessivo pari o superiore a 100.000 euro e inferiore a 500.000 euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parita' di trattamento, proporzionalita' e trasparenza, e secondo la procedura prevista dall'articolo 57, comma 6; l'invito e' rivolto ad almeno cinque soggetti, se sussistono aspiranti idonei in tale numero.».
Continuano gli attacchi di Israele sulla striscia di Gaza: colpiti inermi civili.
0 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 02:05
Col termine Striscia di Gaza si indica un territorio palestinese confinante con Israele e Egitto nei pressi della città di Gaza. Si tratta di una piccola regione costiera (una striscia di circa 360 km² di superficie) ma densamente popolata (circa 1.400.000 abitanti di etnia arabo palestinese).Quest'area non è riconosciuta internazionalmente come uno stato sovrano, ma è reclamata dall'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) come parte dei Territori palestinesi. Dalla battaglia di Gaza del 2007 il governo della striscia è oggi nelle mani dell'organizzazione palestinese Hamas.
È delimitata dalla barriera tra Israele e la Striscia di Gaza e le principali città sono Gaza e Rafa.
Dopo quasi 2 anni di controllo da parte di al-Fatah, nel 2007 vengono indette nuove elezioni che vedono vincitore il partito integralista Hamas, che si installa nella Striscia di Gaza con l'intenzione di imporre la legge islamica al nuovo stato. Durante il giugno del 2007 la tensione tra Hamas, uscita vincitrice dalle elezioni in striscia di Gaza, e al-Fatah, il partito del presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese residente in Cisgiordania, sfocia in scontri aperti tra le due fazioni che in pochi giorni fanno un centinaio di morti.
Il 14 giugno 2007 Hamas, dopo una campagna militare efficace e violenta, conquista la sede militare dell'Anp arrivando di fatto al controllo dell'intera Striscia di Gaza.
L'Unione Europea, così come gli USA, considerando Hamas come un'organizzazione terroristica, interrompono l'invio degli aiuti in Striscia di Gaza, che vede così peggiorare le condizioni di vita dei propri abitanti. Inizia contestualmente una nuova fase del conflitto tra Hamas ed Israele che vede, da parte Israeliana, missioni di guerra e assassinii mirati contro esponenti palestinesi giudicati particolarmente pericolosi alla sua sicurezza, e da parte palestinese il lancio continuo di missili Qassam e tiri di mortaio contro installazioni e città Israeliane. Tale fase di guerra causa vittime tra i due eserciti in lotta, ma anche tra civili Israeliani e Palestinesi.
Il 1 marzo 2008, l'esercito dello Stato di Israele invade direttamente l'area con forze blindate ed aeree e, dopo aver distrutto installazioni militari di Hamas e tunnel per l'importazione illegale di armi, ritorna nelle proprie basi in Israele.
Attualmente il Territorio della Striscia di Gaza è completamente sotto il controllo del movimento palestinese Hamas. Proprio per il controllo esercitato da Hamas la Striscia di Gaza non riceve più direttamente aiuti umanitari da parte di Europa e USA.
La situazione di vita della popolazione di Gaza è in certi momenti assai drammatica, a causa della penuria di prodotti essenziali o voluttuari (cibo, latte, carburante, sigarette...), e dell'impossibilità di esportare qualsiasi manufatto prodotto nella Striscia. Questa situazione di tensione ha di recente (23 gennaio 2008) anche provocato l'abbattimento a furor di popolo di alcune postazioni di frontiera con l'Egitto al valico di Rafah, allo scopo di permettere a migliaia di persone di rifornirsi di vari generi di prima necessità presso i negozi egiziani sul confine. I soldati egiziani hanno subito questa piccola crisi senza arrivare all'uso della violenza, per espressa volontà del presidente egiziano Mubarak. Nell'ambito di una tregua di sei mesi mediata nel giugno 2008 dall'Egitto, Hamas ha accettato di porre fine al lancio dei razzi in cambio di un alleggerimento del blocco da parte di Israele.
Il 18 dicembre 2008, Hamas ha annunciato unilateralmente la fine della tregua.
Il 27 dicembre 2008, in seguito al lancio di razzi di Hamas nel deserto del Negev e al ferimento di alcuni cittadini israeliani, i vertici israeliani hanno deciso l'Operazione Piombo Fuso contro la Striscia, e i morti secondo le fonti sarebbero più di 300. Israele ha dichiarato che quest'offensiva è solo la prima parte del loro piano e non esclude che possa allargarsi.
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Partinico: martedì 30 cerimonia per ricordare Danilo Dolci
1 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 15:27
Martedì 30, alle ore 10.30, in via Iannello a Partinico, nel quartiere Spine Sante si terrà una cerimonia per commemorare Danilo Dolci a 11 anni dalla sua scomparsa. Nell’area dei comuni che si affacciano sul Golfo di Castellamare, vicino a Palermo, nel corso degli anni ’50 e ’60, svolse un’attiva opera di intervento sociale per il riscatto delle società locali dalle condizioni di miseria e l’avvio di un’esperienza di sviluppo endogeno orientata verso forme di auto-organizzazione. I principi che informano la sua azione sono sostanzialmente quello della nonviolenza attiva - digiuni, scioperi alla rovescia, “pressioni” sociali etc. - e quello educativo, teso a innalzare il tenore di vita della comunità e a favorire lo sviluppo della cooperazione e di azioni solidaristiche, attraverso la ricerca di un dialogo costante con la società locale.Se l'uomo non immagina, si spegne.»
Dopo aver effettuato gli studi a Milano, negli anni del fascismo sviluppò presto una decisa avversione alla dittatura. Arrestato a Genova nel 1943 dai nazifascisti, riuscì a fuggire.
Nel 1950 decise di abbandonare gli studi universitari e di aderire all'esperienza di Nomadelfia - comunità animata da don Zeno Saltini - a Fossoli (frazione di Carpi); dal 1952 si trasferì nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promosse lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti ed il lavoro: siffatto impegno sociale gli valse il soprannome di "Il Gandhi di Partinico". Subì diverse persecuzioni e processi.
È considerato una delle figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo.
quando mi eran contro quasi tutti [...]
Vi lascio
una vita scoperta intensamente
giorno per giorno:
ho cercato per voi
di guardare oltre l’attimo, vivendolo... »
Nella sua attività di animazione sociale e di lotta politica, Danilo Dolci ha sempre impiegato con coerenza gli strumenti della nonviolenza.
Il 14 ottobre del 1952 Dolci dà inizio a Trappeto al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorità si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di un impianto fognario. In questa occasione si stabilisce il contatto con il filosofo di Perugia Aldo Capitini.
Nel gennaio del 1956 oltre mille persone danno vita a uno sciopero della fame collettivo per protestare contro la pesca di frodo, che priva i pescatori dei mezzi di sussistenza.
Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia" a Partinico: centinaia di disoccupati si organizzano per riattivare pacificamente una strada comunale abbandonata: la manifestazione viene fermata dalla polizia e Dolci con alcuni suoi collaboratori viene arrestato. L'episodio suscita indignazione nel Paese, e provoca numerose interrogazioni parlamentari. Dolci viene successivamente scagionato in un processo che ha enorme risalto sulla stampa: a difenderlo è il grande giurista Piero Calamandrei.
Nel corso degli anni intorno a Dolci si è consolidato il sostegno nazionale e internazionale. Nel 1958 gli viene attribuito in Unione Sovietica il Premio Lenin per la Pace. Con i soldi del premio Lenin si costituisce a Partinico il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione".
Si intensifica, intanto, l'attività di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, tra cui i deputati democristiani Calogero Volpe e Bernardo Mattarella, allora ministro (si veda la documentazione raccolta in Spreco, del 1960, e Chi gioca solo 1966). I due parlamentari querelarono per diffamazione Dolci e Franco Alasia, co-autore della denuncia, che vennero entrambi condannati dopo un processo durato sette anni.
La figura e l'opera di Dolci polarizzano l'opinione pubblica: mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarietà, in Italia e all'estero (anche da personalità come Norberto Bobbio, Carlo Levi, Ignazio Silone, Aldous Huxley, Jean Piaget, Bertrand Russell ed Erich Fromm), per molti avversari Dolci è solo un pericoloso sovversivo. Il cardinale Ernesto Ruffini, in un'omelia pasquale degli anni '60 indicò la mafia, il romanzo "Il Gattopardo", e Danilo Dolci come "le cause che maggiormente hanno contribuito a disonorare la Sicilia".
Il metodo maieutico
siamo minimi microbi
in bilico distratto
tra disperazione e presunzione»
Costituisce una caratteristica importante del lavoro sociale ed educativo di Dolci il suo metodo di lavoro: piuttosto che dispensare verità preconfezionate, ritiene che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso valorizza la cultura e le competenze locali, il contributo di ogni collettività e ogni persona. Per questo Dolci collega la sua modalità di operare alla maieutica socratica. Il suo è un lavoro di capacitazione (empowerment) delle persone generalmente escluse dal potere e dalle decisioni.
Nelle riunioni animate da Dolci, ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e decidere. È proprio nel corso di riunioni con contadini e pescatori della Sicilia occidentale che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato. La successiva realizzazione di questo progetto costituirà un importante volano per lo sviluppo economico della zona e toglierà un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. L'irrigazione delle terre ha consentito in questa zona della Sicilia occidentale la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile.
devi inventare l’angolo, ogni tratto,
a cui la furia sommergente infonda
forza avanzante –
col timone arrischiare di sapere
come tagliare il mare »
Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori italiani e internazionali, si approfondisce negli anni ottanta e novanta: muovendo dalla distinzione fra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica della società connessi al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media.
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Proposte del PRC per la costruzione di un "vero" Bilancio Sociale.
2 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 12:36
Abbiamo apprezzato lo sforzo della Giunta Bresciani di "costruire" una sorta di Bilancio Sociale. Questo stumento di rendicontazione volontario deve però, secondo noi, rispondere a certi criteri senza i quali risulta inefficace. Cercheremo come Partito della Rifondazione Comunista di delineare gli aspetti più importanti di cui, a nostro avviso, deve tenere conto una pubblica amministrazione per la costruzione di un vero Bilancio Sociale e auspichiamo che questi suggerimenti siano presi in considerazone dalla neonata amministrazione. Lo spirito è quello di contribuire alla crescita delle relazioni tra Pubblica Amministrazione e cittadini attraverso uno strumento che consenta una interlocuzione fattiva e continua nel tempo.
E' uno strumento di cui si possono dotare le pubbliche amministrazioni per diffondere la cultura della trasparenza amministrativa e favorire la costruzione di un dialogo permanente tra istituzioni e cittadini. Ogni istituzione, infatti, è responsabile degli effetti che la propria azione produce nei confronti dei suoi interlocutori e della comunità. Tale responsabilità richiede di dar conto della propria azione ai diversi interlocutori, costruendo con essi un rapporto fiduciario e di dialogo permanente. Ogni amministrazione pubblica ha il dovere di rendere conto relativamente ai propri ambiti di competenza, in quanto titolare di un mandato e della potestà di scegliere e agire come interprete e garante della tutela degli interessi e della soddisfazione dei bisogni della comunità. La rendicontazione sociale di ogni amministrazione pubblica deve rispondere alle esigenze conoscitive dei diversi interlocutori, siano essi singoli cittadini, famiglie, imprese, associazioni, altre istituzioni pubbliche o private, consentendo loro di comprendere e valutare gli effetti dell’azione amministrativa.
- Valori di riferimento, visione e programma dell’amministrazione: l’amministrazione esplicita la propria identità attraverso i valori, la missione e la visione che orientano la sua azione, chiarisce gli indirizzi che intende perseguire e le priorità di intervento.
- Politiche e servizi resi: l’amministrazione rende conto del proprio operato nelle diverse aree di intervento e dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi dichiarati.
- Risorse disponibili e utilizzate: l’amministrazione da conto delle risorse di cui ha potuto disporre, delle azioni poste in essere e dei risultati conseguiti con la loro gestione. Il bilancio sociale deve inoltre contenere: una nota metodologica sul processo di rendicontazione.
1. VALORI DI RIFERIMENTO, VISIONE E PROGRAMMA DELL’AMMINISTRAZIONE
Il bilancio sociale deve rendere conto del modo in cui l’amministrazione interpreta la propria missione istituzionale, esplicitandone i valori di riferimento, la visione e le priorità di intervento, con riferimento alle caratteristiche e all’evoluzione del contesto in cui opera. Questa tiplogia direndicontazione induce l’amministrazione a rendere espliciti gli elementi fondamentali per rappresentare il senso complessivo della sua azione. Il bilancio sociale deve chiarire, infatti, gli ambiti di competenza dell’amministrazione, descrivere il suo assetto istituzionale e di governo e la sua struttura organizzativa tenendo conto non solo dell’articolazione interna, ma anche della rete dei soggetti collegati, come società, agenzie, istituzioni, fondazioni, aziende speciali.
2. RENDICONTAZIONE DELLE POLITICHE E DEI SERVIZI
Il bilancio sociale deve rendicontare le politiche e i servizi resi dall’amministrazione, in modo da evidenziare i risultati conseguiti in relazione agli obiettivi dichiarati. Questa parte del bilancio sociale deve essere articolata per aree di rendicontazione, che riconducano le molteplici attività dell’amministrazione a ambiti di intervento coerenti con il programma e le priorità dell’amministrazione e significativi dal punto di vista dei suoi interlocutori. Per ciascuna area il bilancio sociale deve rendicontare a nostro giudizio:
- gli obiettivi perseguiti;
- le azioni intraprese;
- le risorse impiegate;
- i risultati raggiunti;
- gli impegni e le azioni previste per il futuro.
La rendicontazione deve tener conto non solo di quanto attuato direttamente dall’amministrazione, ma anche di quelle azioni realizzate da soggetti esterni, pubblici o privati, con i quali l’amministrazione ha definito rapporti di collaborazione (mediante contratti, concessioni, accordi, convenzioni, etc.) nell’attuazione delle politiche o per la gestione dei servizi. Inoltre, l’amministrazione deve rendicontare le iniziative poste in essere per favorire e promuovere la partecipazione diretta dei cittadini ai processi decisionali
3. RENDICONTAZIONE DELLE RISORSE DISPONIBILI E UTILIZZATE
Il bilancio sociale deve rendere conto delle risorse di cui l’amministrazione ha potuto disporre per svolgere la propria attività e delle modalità della loro gestione. Tale rendicontazione fornisce informazioni in merito a:
- entrate e spese della gestione;
- proventi e costi della gestione;
- patrimonio dell’amministrazione e sua variazioni.
Da questi suggerimenti si evince come il processo che conduce alla costruzione di questo strumento di rendicontazione sia lungo. Questo impone all'amministrazione comunale uno sforzo considerevole. Del resto, soltanto attraverso una definizione rigorosa e puntuale del Bilancio Sociale si può arrivare alla trasparenza degli atti amministrativi e alla costruzione di una cittadinanza attiva. Noi la nostra parte l'abbiamo fatta, prendiamo atto della volontà (fino ad ora solo dichiarata) della Giunta Bresciani di sperimentare queste pratiche di rendicontazione e chiediamo che vengano accolti questi suggerimenti che possono condurre alla tanto agognata traparenza dell'attività amministrativa, condizione senza la quale è impossibile rendere impermeabile le amministrazioni alle infiltrazioni mafiose.
Cogliamo l'occasione per augurare un buon Natale a tutti i Castellammaresi.
Partito della Rifondazione Comunista circolo di Castellammare del Golfo
Etichette: politica locale
Giovani Comunisti della federazione di Trapani: votato all'unanimità Francesco Bellina.
0 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 21:31Etichette: Politica provinciale
La lettera di Fulvio Sodano (ex prefetto di Trapani).
0 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 02:16
Fulvio Sodano (Napoli, 9 Marzo 1946) è un ex prefetto attivo in Sicilia, impegnatosi in modo particolare nella lotta alla mafia.Laureatosi in giurisprudenza nell'aprile del 1970, lo stesso anno partecipa ad un concorso pubblico (50 posti di Consigliere di Prefettura). Vinto quest'ultimo, viene assegnato alla Prefettura di Brescia e, dopo un mese, assume il titolo di capo di gabinetto (1972, durante gli anni del terrorismo). Oltre al ruolo di capo di gabinetto svolge quello di commissario straordinario in altri comuni della provincia. Dal 1979 al 1981, Sodano è a Roma a ricoprire diversi incarichi ma nel 1982 viene richiamato a Brescia con le funzioni di Capo di Gabinetto e vi rimane per circa due anni, finché viene trasferito a Caserta per motivi familiari. A Caserta rimane fino al 1990, in questa sede gestisce numerosi comuni tra cui: Mondragone, Lusciano, Orta di Atella. Quindi viene trasferito a Palermo. Egli ha dunque conosciuto da vicino, sin dall'inizio della sua carriera, la follia del terrorismo (nel lombardo), l'omertà della camorra (nel napoletano) e le guerre di mafia (nel palermitano). Oltre alle stragi di Capaci e di via D'Amelio vive anche la "primavera palermitana", inoltre ricopre incarichi di commissario straordinari in alcuni comuni sciolti per mafia: Bagheria, Altavilla Milizia, Capaci subito dopo la strage, Palma di Montechiaro nell'agrigentino (quest'ultimo non per motivi di mafia) e vice-commissario straordinario a Catania. Intanto, a Palermo, ricopre ruoli superiori: vice-prefetto, vice-prefetto vicario. Mentre svolge la funzione di commissario a Bagheria arriva la nomina a Prefetto, quindi sarà a Trapani e, infine, ad Agrigento.
Etichette: antimafie
La leader di un'altra storia critica le scelte del PD.
0 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 11:01
La Borsellino, che nelle ultime elezioni era candidata in quota prc nelle liste della sinistra arcobaleno, annuncia di avere iniziato il tesseramento dell'associazione un'altra storia e non eslcude di presentarsi da sola alle prossime Amministrative. La Borsellino ha aspramente criticato l'intesa trasversale che ha portato l'introduzione dello sbarramento al 5% anche negli enti locali e si dice preoccupata per l'introduzione di queso provvedimento che di fatto impedisce la rappresentatività e quindi la partecipazione di milioni di elettori alla politica. Circa i rapporti tra il centrosinistra e il PD la Borsellino registra come l'assenza di un progetto politico e un linguaggio incomprensibile stiano alla base del mancato dialogo e della distanza tra il suo movimento e il partito democratico. Noi ci auguriamo che la Borsellino che alle ultime elezioni, quando dalla componente più moderata del centrosinistra vi fu preferita la Finochiaro, ha trovato sponda solo dal Partito della Rifondazione Comunista guardi con interesse alla possibilità di costruire insieme a noi una valida alternativa al bipolarismo malato di cui siamo ormai vittime e non solo in Sicilia.Etichette: politicando
Nasce a Castellammare associazione antiracket.
2 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 12:59
Circa un anno fa ritenemmo poco edificante e politicamente sbagliato aderire ad una manifestazione antiracket a cui prendevano parte senza nessuna autocritica (il Comune di Castellammare del Golfo era stato commissariato per infiltrazione mafiose) personaggi che avevano fatto parte della giunta Ancona. Ritenevamo allora come ora, che non si può fare antimafia se non si è portavoce di istanze che mettano l'etica al primo posto dell'agenda politica. L'impegno profuso da alcune associazione come castellolibero fu apprezzato ma non fu condiviso perchè non si può pemettere ai partiti che hanno fatto parte dell'amministrazione Ancona, sciolta con l'infamante accusa di infiltrazioni mafiose di partecipare ad una iniziativa che prendeva le distanze anche da un certo modo di fare politica. Segnaliamo, adesso, la nascita di una associazione antiracket nel nostro Paese. L'associazione si occuperà anche di tutelare le vittime degli usurai. Speriamo che questo segnale sia affiancato da pratiche politiche che cancellino quelle zone grigie occupate stabilmente da politici in affari sporchi con la mafia come è venuto fuori nell'ultima operazione antimafia nel trapanese. Spem utima dea....Etichette: antimafie
Un milione e mezzo di lavoratori, studenti e pensionati sono scesi in piazza per manifestare il proprio dissenso verso la dissennata politica economica del governo Berlusconi. Lo sciopero della CGIL è riuscito grazie anche alla collaborazione dei circoli territoriali e alle federazioni provinciali del Partito della Rifondazione Comunista. Alte, infatti, sono state le adesioni nelle fabbriche e nel pubblico impiego. Lo sciopero generale si è articolato in cento città e nonostante la pioggia e il vento battente ha visto la partecipazione di tanti cittadini uniti nello slogan: la vostra crisi noi non la paghiamo. Politicamente è rilevante la presenza a mezzo servizio del PD, ormai sempre più rivolto verso posizioni moderate e consociative, proprio in un momento in cui sarebbe necessaria una posizione di completo distacco dalle scelte scellerate del governo Berlusconi. Un corteo rosso con in testa i giovani comunisti si è svolto con successo anhe a Trapani. 2.500 partecipanti hanno dato vita a cori, striscioni, slogan, all'insegna della correttezza. Sfidando il gelo e il vento sferzante, i manifestanti hanno percorso la centralissima via Fardella per poi raggiungere piazza Vittorio Veneto, dove dal palco, allestito per l'occasione si sono susseguiti gli interventi degli esponenti sindacali. Saverio Piccione, segretario generale della CGIL ha dichiarato che quella di ieri era solo un punto di partenza. Aggiungiamo noi: un punto da dove iniziare la lotta per contrastare le politiche del governo Berlusconi.Etichette: Politica nazionale
La "social card" ovvero la nuova tessera per il pane.
1 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 21:52
Il Governo ha varato la Carta Acquisti, più conosciuta come Social Card, una sorta di “redistribuzione delle briciole” per i più poveri. Infatti, ai sensi del Decreto Legge 112/08, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 113, per i cittadini che ne fanno domanda è disponibile una Carta Acquisti utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare (solo nei pochi negozi convenzionati) e dell'onere per le bollette della luce e del gas. La Social Card ha un valore di 40 euro al mese, circa un 1 euro e 30 centesimi al giorno. Per le richieste antecedenti al 31 dicembre 2008, la Carta sarà inizialmente caricata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze con 120 euro, relativi ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2008; successivamente, nel corso del 2009, la Carta sarà caricata ogni due mesi con 80 euro sulla base degli stanziamenti via via disponibili. La Social Card è diretta agli anziani di età superiore o uguale ai 65 anni e alle famiglie con figli piccoli (fino a 3 anni) che abbiamo un reddito Isee (indicatore della situazione economica equivalente) fino a 6.000 euro, non più di una casa, non più di un'auto.Per chi ha più di 70 anni, la soglia di reddito Isee, che dà accesso alla carta acquisti, è fino a 8000 euro. Nel caso di più figli sotto i 3 anni, gli accrediti si sommano. E’ del tutto evidente, quindi, che ci troviamo di fronte ad una vera e propria elemosina, oltretutto offensiva, umiliante e, chiaramente, del tutto inadeguata ad arginare le disastrose condizioni economiche in cui versano interi settori popolari. Una sorta di “tessera del pane” del ventennio fascista. Invece, il Governo la considera come una “innovativa” misura anti crisi per i più poveri, con funzione di supporto per i meno abbienti: in realtà, si tratta di briciole che non possono, in alcun modo, parare gli effetti di questo epocale disastro economico, finanziario e sociale. Però, quando si tratta di salvare i mercati finanziari e le banche, i soldi saltano fuori come un coniglio dal cappello. Quando si tratta, invece, di prendere vere misure di welfare, garantire continuità di reddito ai precari, migliorare i servizi pubblici, rilanciare la previdenza pubblica, rinnovare i contratti a milioni di lavoratori, evitare privatizzazioni, improvvisamente i soldi spariscono. Insomma, una chiara e violenta logica di classe. Ma, oltre al danno, si consuma anche la beffa dell’esclusione, da questa elemosina, dei migranti e dei cittadini comunitari. La "Social Card" sarà, infatti, destinata solamente ai cittadini italiani residenti con l’esclusione, quindi, dei “non cittadini” contribuenti. Si escludono, pertanto, anche chi contribuisce pienamente dal punto di vista fiscale, contributivo e previdenziale. Insomma, anche nella spartizione delle briciole, si utilizza una forma di welfare perfettamente in continuità con il passato, basata sulla cittadinanza e non sulla redistribuzione della ricchezza tra tutti i soggetti che contribuiscono a produrla. Ma, oltre ad essere una elemosina, quanto costa, in realtà, questa misura “anti crisi” ?Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha sostenuto che allo Stato la “tessera del pane” costerà, a regime, 450 milioni di euro e che la platea dei beneficiari e di 1,3 milioni di italiani. Quindi, poiché entro dicembre daranno la prima tranche di 120 euro, i conti sono presto fatti: il costo, entro dicembre 2008, è di 156 milioni di euro. In pratica, entro dicembre 2009 il Governo stima di spendere 606 milioni di euro per lasocial card. Ma il costo della social card non è solo relativo a quello che finisce nelle tasche dei poveri che rientrano tra i meritevoli di aiuto; infatti, ci sono i costi relativi allo strumento stesso. Parliamo dei costi di produzione della tessera, di circuito, di pagamento e di ricarica. Alcune associazioni dei consumatori hanno stimato che la produzione fisica della tessera costa circa 50 centesimi a pezzo (costo fornito dagli emittenti), quindi già 650 mila euro sono stati utilizzati. Il circuito di pagamento chiede una percentuale all'esercente, che in media è circa del 2% del pagamento stesso. Quindi, ad essere ottimisti, ci sono altri 6 milioni di spesa statale. Per quanto riguarda, poi, la ricarica, le commissioni normalmente applicate dalle Poste ammontano ad 1 euro a ricarica. Quindi, per ogni carta, sono 6 euro annui che lo Stato dovrebbe pagare: in ogni caso, anche applicando un costo di 10 centesimi a ricarica, lo Stato, comunque, dovrà versare a Poste Italiane, circa 800 mila euro in un anno. Tirando le somme, senza considerare i costi delle lettere inviate ai poveri (ancora una volte le Poste ringraziano), circa 7,5 milioni di euro si perdono lungo il tragitto che porta i 40 euro al mese nelle tasche delle famiglie bisognose. Ma se, per i meno abbienti, si è rispolverata la “tessera del pane”, di “mancetta” si deve parlare anche a proposito dell’indennità di vacanza contrattuale, per l’anno 2008, che sarà attribuita, in base all’art. 33 del D.L. 185 del 29 novembre 2008, a tutto il personale contrattualizzato e a quello in regime di diritto pubblico interessato da procedure negoziali, con la mensilità di dicembre 2008.L’importo di tale assegno corrisponde per i primi tre mesi, dal 1 aprile 2008 al 30 giugno 2008, al 30% del tasso di inflazione programmata per l’anno 2008 pari all’1,7% e, dal 1 luglio 2008, al 50% del tasso di inflazione programmata. La vacanza contrattuale, quindi, non riguarderà tutte e tredici le mensilità del 2008 ma, secondo quanto voluto da CGIL, CISL e UIL con gli accordi di luglio ’93, decorrerà da aprile 2008. Quindi, fatti i conti, sono circa 10 euro lordi al mese, cioè meno dei 40 euro che i “miserabili” potranno ricevere facendo la fila agli sportelli degli uffici postali per ricevere la cosiddetta social card. Per di più, nemmeno ricaricabile! In conclusione, ci sono diverse social card, secondo la classe di appartenenza: quella per i poveri e quella per i fannulloni. Poi, però, ci sono anche quelle per le banche, per le imprese e per i padroni. L’ultima trovata del welfare caritatevole è la carta elettronica pre-pagata per i pensionati poveri. L’idea è stata lanciata, con il solito stile da colpo teatrale, dal ministro dell’economia Giulio Tremonti, che vuole combattere il “mercatismo” con la beneficenza. L’Auser, con Michele Mangano, è stata una delle prime associazioni a bollare la trovata come inutile e persino offensiva. Ma oltre alle reazioni negative dei sindacati e delle associazioni, sono stati gli interventi degli esperti a definire il quadro di questa misura ad effetto del ministro Robin Hood. “I dati ufficiali europei ci dicono che l'Italia è fra i paesi con i più elevati tassi di povertà, e in particolare di povertà minorile, e che investe in politiche e interventi di contrasto alla povertà poco e male”, ha ricordato per esempio il professor Emanuele Ranci Ortigosa, direttore scientifico dell’Istituto per la Ricerca Sociale, Irs. “Il voucher per gli anziani poveri – spiega Ortigosa - si allinea alle vecchie provvidenze, e con un contenuto che richiama la beneficenza spicciola, più che una politica sociale. Certo, a parte la sua macchinosità, chi ne beneficerà riserverà gratitudine al donatore, e tanta opinione pubblica si sentirà rassicurata dal fatto di offrire il pane agli anziani poveri, senza che nulla cambi sostanzialmente”. Si continuano insomma a mettere toppe a un abito (quello delle politiche sociali) che appare ormai logoro e superatoDubbi e critiche anche da Paolo Pezzana, presidente della Fiopsd, la Federazione delle persone senza fissa dimora. “La prima considerazione da fare – spiega Pezzana – riguarda la platea che è stata scelta: si tratta solo di una fascia di persone anziane bisognose, mentre non si prevede nulla per le famiglie povere, per i minori e per tutte le altre fasce di popolazione in stato di bisogno”. Da un punto di vista più tecnico, la card alimentare (strumento che viene utilizzato negli Usa) può funzionare solo in un determinato contesto. Ma il punto veramente decisivo riguarda i costi. Secondo Pezzana, per essere efficace la card deve essere strutturale, e non un provvedimento una tantum. Ma se divenisse strutturale, i costi salirebbero enormemente.
Il sociologo Marco Revelli, presidente della Commissione povertà (istituita dal governo Prodi e in carica per cinque anni), parla di una presa d’atto della gravità della situazione da parte del governo Berlusconi. Pensare a una card per la spesa alimentare dei pensionati poveri, per Revelli, non è altro che una ammissione del livello di emergenza a cui siamo arrivati. E’ l’ammissione che un limite è stato ormai valicato. Ma nello stesso tempo il governo non pensa a politiche di reale contrasto della povertà – che rimangano totalmente inesistenti in Italia. Non si pensa cioè di andare alla radice del male, ma si tenta di curare gli effetti sociali dell’esclusione economica. Posizioni critiche anche quelle di Cristiano Gori, esperto in politiche della povertà. E nessuno ha parlato ancora della convenzione per le Poste. C’era voluto tanto perché tornasse in gestione ai Comuni il rilascio dei permessi di soggiorno agli immigrati, così mal gestiti dalle Poste fino all’anno scorso. Ora Tremonti torna alle Poste per i poveri.
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Il pensiero politico in Italia: i "due sovversivismi" di Gramsci.
1 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 13:24Un diffuso bisogno di conoscenza ci spinge a proporre e offrire ai lettori del nostro blog una breve panoramica sul pensiero politico italiano. Non faremo una disamina storica ordinata degli eventi e delle culture politiche che hanno influenzato la vita politica italiana, ma cercheremo di analizzare le migliori culture politiche proposte da pensatori che hanno pagato spesso con l'isolamento, il carcere o la morte la loro voglia di raggiungere la libertà e la democrazia.
Antonio Gramsci (1891-1937), nato ad Ales in Sardegna, è il pensatore politico più originale della fine della prima metà del novecento. Grande analista della politica, fu a capo del Partito Comunista che concorse a fondare al congresso di Livorno (1921). Si ricorda soprattutto per la battaglia che condusse sia contro il massimalismo bordighiano sia contro il totalitarismo stalinista che si affermava in quegli anni in URSS. Al di là delle tormentate vicende umane che lo videro sconfitto e incarcerato con l'avvento del fascismo in Italia, preme sottolineare come Gramsci, riesaminando anche la sua stessa vicenda personale, consegnò due delle più grandi opere della cultura politica italiana moderna: lettere dal carcere e i quaderni del carcere.Etichette: pensiero politico italiano.
Il ruolo di Rifondazione Comunista: le proposte al CPF di Trapani di Peppe Ortisi.
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Sempre nella logica d condivisione con gli altri di quanto discusso all'interno del PRC, viene di seguito pubblicato il documento politico a firma di Giuseppe Ortisi, consigliere provinciale del Partito dell Rifondazione Comunista.Etichette: Politica provinciale
Assemblea di circolo PRC di C/mare del Golfo: Le riflessioni, i suggerimenti, le proposte.
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Nell'assemblea di circolo PRC di sabato 06.12.2008 sono emersi spunti di discussione interessanti in una cornice fatta di uomini e donne animate da un grande voglia di fare politica. Non la politica fatta di rappresentanze e delegata ma politiche partecipate che nascono dal basso e che si nutrono della nostra passione di essere alternativi e comunisti, in un mondo, quale quello odierno, in cui regnano nichilismo e qualunquismo. In altre parole, animati dalla voglia di promuovere forme di partecipazione alla vita democratica che si nutrono delle nostre idee, delle nostre proposte e perchè no delle aspirazioni di noi, uomini e donne di Castellammare che vogliamo un domani migliore, per tutti e non per poche persone, ci siamo confrontati e abbiamo gettatto le basi per promuovere modalità diverse di pensare e fare politica.Etichette: circolo PRC Castellammare del Golfo.
gli effetti della globalizzazione sulle nostre vite.
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Proviamo a capire qualcosa sul quel grande processo chiamato globalizzazione. Ci proveremo attraverso l'analisi condotta da Zigmunt Bauman nel suo libro intitolato: Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone. E proprio da qui parte l’analisi di Bauman, sociologo e filosofo, massimo esponente del filone di pensiero che indaga criticamente la tardo modernità (e/o la postmodernità). Lo specifico dell’indagine di Bauman riguarda le conseguenze della globalizzazione sulla vita quotidiana delle persone. Uno studio del quotidiano. In particolare uno studio sullo "spazio", dimensione che tende a rarefarsi nel tempo della globalizzazione ma che segna due percorsi contrapposti. Da un lato l’élite della globalizzazione, il vertice, dall’altro le masse, la base.
Sostiene Bauman, "piuttosto che rendere omogenea la condizione umana, l’annullamento tecnologico delle distanze spazio temporali tende a polarizzarla". Chi opera, infatti, nei pressi del potere finanziario (vero motore della globalizzazione) vive l’incorporeità del potere: non ha bisogno di luoghi deputati, è extraterritoriale e proprio per questo può isolarsi (in un nuovo apartheid) dal resto della popolazione che rimane tagliata fuori. La conseguenza è la fine degli spazi pubblici, la creazione di "non-luoghi". Ma la conseguenza più tragica è che l’abolizione degli spazi pubblici implica anche la crisi dei luoghi ove si creano norme, ove i valori sono discussi, negoziati, elaborati. In assenza di luoghi pubblici i giudizi su ciò che è buono/bello/giusto/utile... possono discendere solo dall’alto, da regioni imperscrutabili, da una élite lontana che non ha lasciato indirizzo di sorta e che rifiuta ogni interrogazione. Così, conclude Bauman: "Gli extraterritoriali entrano nella vita di coloro che sono vincolati al territorio solo come caricature; forse sono mutanti o mostri. Nel processo espropriano del loro potere etico i locali, privandoli di qualsiasi mezzo atto a limitare i danni" Turisti e vagabondi
Fra i 5 capitoli che compongono lo studio di Bauman (Tempo e classe, Guerre spaziali: una cronaca; E dopo lo stato-nazione?; Turisti e vagabondi; Legge globale, ordini locali) risulta particolarmente interessante il quarto: turisti e vagabondi.
Si tratta delle due tipologie in cui sono divisi gli abitanti della terra. Alcuni (pochi, in verità) possono fare i turisti mentre per tutti gli altri la sorte è quella del vagabondo.Il punto di partenza è la cosiddetta società dei consumi. Riflessioni ovvie: la nostra società non è più la società dei produttori (con al centro l’etica del lavoro e del sacrificio) ma la società dei consumi dove ciò che conta è produrre desideri, sedurre. La società tardomoderna ha insomma bisogno di impegnare i suoi membri nel ruolo di consumatori. Ovviamente anche i consumi devono essere "labili", instabili, temporanei altrimenti il volano del consumo si blocca. Consumare infatti non significa propriamente "inglobare", usurare, utilizzare quanto piuttosto "raccogliere sensazioni": "il desiderio non vuole soddisfazione. Al contrario il desiderio vuole desideri".
mentre tutti possono voler essere consumatori non tutti possono esserlo davvero. La stratificazione della società postmoderna è data dal grado di mobilità, ovvero dalla libertà di scegliere dove collocarsi. E qui entrano in scena i turisti ed i vagabondi.
Nel nostro mondo il semaforo segna verde per i turisti ma rosso per i vagabondi. I turisti possono muoversi ovunque, nessun controllo li ferma, essi non sono legati allo spazio. Al contrario i vagabondi non possono muoversi, sono legati al loro spazio ed al loro tempo.
Possono sembrare riflessioni puramente teoriche. Non lo sono.
Provate ad immaginarvi un giro per l’Europa: che differenza essere turisti italiani invece che profughi kosovari o curdi. O lavoratori rumeni. I primi sono turisti e vivono la versione postmoderna della libertà. I secondi sono vagabondi e sperimentano la versione postmoderna della schiavitù.
I vagabondi sono alla deriva: sanno che non staranno troppo a lungo in un luogo, per quanto possa loro piacere, perché non saranno bene accolti. I turisti si muovono perché trovano che il mondo alla loro portata (globale) è irresistibilmente attraente, i vagabondi si muovono perché trovano che il mondo alla loro portata (locale) è inospitale fino ai limiti della insopportazione. I turisti si muovono perché lo vogliono, i vagabondi perché non hanno altra scelta sopportabile.
Ma.. ancora... "il vagabondo è l’incubo del turista, il suo demone interiore: infatti nessuna assicurazione sul suo stile di vita protegge il turista dalla possibilità di scivolare nel vagabondaggio. Se si vuole un esempio si prenda i Kosovo. La classe media, ricca, colta del Kosovo: da un giorno all’altro scivolata dalla condizione di turista a quella di vagabondo.
Ma si prenda anche la classe media italiana: scivolare tra i vagabondi fa parte delle nostre inconsce paure ed angosce. Paure postmoderne, angosce quotidiane. Del resto il nostro stile di vita non è garantito, malgrado i nostri assillanti tentativi di rafforzare le mura della nostra fortezza.Al momento siamo dentro. Chi è fuori è fuori. E chi è fuori è un vagabondo da cui difenderci: ma siccome diventare vagabondi è il nostro rischio quotidiano tale condizione ci abitata come "perturbante": ci assilla, ci mette in crisi, ci spinge a comportamenti violenti.E chi è fuori è la massa.
Anzi, nuove insicurezze sono diventate l’incubo quotidiano. Insomma le due facce della globalizzazione. Alla faccia dei neoliberisti che continuano a pensare ed a proporre la dottrina del libero mercato, della deregulation, della competition... come panacea di tutti i mali.
Senza accorgersi della contraddizione terribile che sta al fondo: oggi le merci hanno libertà di movimento assoluta mentre gli uomini no. I poveri, i vagabondi, gli esclusi sono inutili (non producono utili) e non devono muoversi. Devono starsene legati al nulla di uno spazio e di un tempo senza senso.
Etichette: cultura
Giovani Comunisti Castellammare del Golfo: eletto portavoce.
5 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 20:13
Al termine di un'animata e vibrante discussione sulle problematiche giovanili, i giovani comunisti di Castellammare del Golfo hanno eletto come loro portavoce Ruben Stabile, 20 anni, studente universitario di Scienze politiche.
Un altro obiettivo ambizioso che si propone di raggiungere il nuovo rappresentante dei Giovani Comunisti è quello della messa in rete dei vari circoli territoriali giovanili della provincia di Trapani, al fine di mettere assieme le diverse esperienze e bagali culturali, propri di ogni realtà.
Etichette: circolo PRC Castellammare del Golfo.
L'indirizzo politico del consiglio comunale.
3 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 00:13
Per mesi abbiamo atteso che si rivelasse la vera natura politica del consiglio comunale di Castellammare del Golfo, apparso a tutte le persone di buon senso e quindi non pregiudizialmente schierate molto svogliato, per non dire inefficente. Da quanto emerso nel consiglio comunale di lunedì 1 Dicembre si evidenzia, come del resto era stato ampiamente detto dal nostro partito in campagna elettorale, una grande attenzione verso la speculazione edilizia, da anni spacciata come l'unica fonte di ricchezza del nostro Paese. Questa tendenza si manifesta attraverso l'introduzione di una serie di norme volte alla realizzazione di più operazioni speculative, fonte nel nostro Paese di danni piuttosto che di benefici per lo sviluppo del nostro territorio, soprattutto se si ragiona in tempi lunghi. Da troppo tempo si parla di speculazioni edilizie come l'unica possibilità per dare slancio alla nostra economia, con il solo risultato di aumentare il numero di gente sotto-pagata, che finito il tempo della speculazione si ritrovano col culo per terra senza nessuna prospettiva se non quella di trovare fortuna altrove, magari in qualche cantiere del nord Italia. Succede, infatti, che la Giunta ha presentato al Consiglio Comunale, solo alcune modifiche alle norme tecniche che disciplinano le modalità (parametri e indici di edificabilità) di attuazione del PRG, rispetto a quanto adottato dalla Commissione Straordinaria con la delibera 30, la maggioranza, rappresentata dal consigliere Bucca, stranamente, ha ritenuto, invece, necessario introdurre delle variazioni alle norme tecniche molto più "incisive".Quello che si delinea è un atto volto a dimostrare un'indipendenza del consiglio comunale dalla Giunta o piuttosto, come appare palese, una volontà di indirizzare verso posizioni più avventate e spregiudicate l'operato della Giunta Bresciani? Del resto prima o poi dovevano emergere le contraddizioni di una maggioranza unita soltalto da logiche di potere.
Etichette: politica locale
Di seguito viene pubblicato un comunicato stampa a firma del circolo metropolis e del comitato dei cittadini.
"La revoca del nulla osta per l’antenna di telefonia mobile di Scopello, annunciata dal sovrintendente Dott. Gini è una vittoria della mobilitazione dei cittadini e delle nostre associazioni. Essa scongiura un ulteriore sfregio al paesaggio attorno a Scopello, già minacciato da altri interventi edilizi dissennati, e pone fine a una farsa grottesca. Infatti resta incredibile che il progetto per l’antenna presentato dall’Ericsson, in cui nella relazione paesaggistica erano contenute delle evidenti falsità (Scopello diveniva una località sciistica alpina con vista panoramica sulla Valsesia e sul Monte Rosa!), sia passato inosservato dal nostro Comune e sia stato approvato a tempo di record dalla Soprintendenza di Trapani e dagli altri organi preposti (ARPA, Ispettorato Forestale, Genio Civile), di solito molto più attenti in altri casi meno significativi. Oltre che incredibile, la vicenda appare poco chiara e meritevole di ulteriori approfondimenti. Per questo esortiamo tutti gli organi competenti a contribuire a una maggiore chiarezza e a vigilare per la tutela del territorio e della salute dei cittadini.Noi per parte nostra continueremo la raccolta di firme contro l’antenna e la campagna di e-mail di protesta presso la Soprintendenza da tempo in atto, come segno della nostra continua vigilanza e della nostra volontà di non consentire che si possa ritornare indietro".Castellammare del Golfo 1/12/2008
Etichette: politica locale
Proposte del PRC su scuola, università e ricerca.
0 commenti Pubblicato da PRC C/mare del Golfo alle 13:22
Per un riforma radicale della didattica: L’attuale offerta didattica è inadeguata. Lo schema del 3+2 e dei crediti non funziona e va dunque superato. Vanno poi corrette alcune pratiche. In primo luogo ci sembra che non sia più adatto l’attuale assetto basato sulla semplice lezione frontale. Se questo poteva avere un senso sessanta anni fa è oggi del tutto improponibile. Un simile sistema passivizza gli studenti e priva anche i docenti di un efficace feedback funzionale all’insegnamento e alla ricerca. Bisognerebbe dunque affiancare al modello della lezione frontale modalità didattiche di tipo seminariale. Questo presuppone classi di laboratorio di 30 o al massimo 50 studenti per docente e, considerando che ogni classe possa avere una media di 4-5 insegnanti, significa 1 docente per ogni 7-12 studenti in ciascuna classe. Per far questo servono naturalmente molti più docenti rispetto all’assetto attuale. Questo significa anche abbandonare l’attuale sistema disciplinare parcellizzato e ultraspecialistico. Se a livello di ricerca è concepibile che un docente si specializzi, a livello didattico servono soprattutto insegnamenti nelle discipline di base.Questa patologica proliferazione di discipline specialistiche è il prodotto di una antica norma che identifica la disciplina concorsuale con quella insegnata. Questo ci spinge a valutare la necessità di tornare a un modello di insegnamento che privilegi la parte generale e metodologica su quella speciale che oggi rappresenta la sezione più qualificante dell’insegnamento. Al centro dell’attività di formazione deve esserci in primo luogo lo studio metodologico di ciascuna disciplina; in secondo luogo, una panoramica generale dello stato della materia e solo in ultima analisi lo studio di aspetti specialistici. Questo significa ridurre le discipline di insegnamento dalle attuali migliaia, a poche centinaia, mediamente una quindicina per corso di laurea (salvo casi particolari). Le Università dovrebbero anche essere il luogo di formazione di consapevolezza critica e per far questo si dovrebbero creare le condizioni per la creazione di spazi di confronto e autoformazione che coinvolgano studenti e docenti, cominciando con lasciare maggiore libertà a studenti e studentesse nella definizione del proprio piano di studio senza ingabbiare il loro percorso formativo dentro schemi rigidamente precostituiti. Il dottorando come anello di congiunzione tra formazione e lavoro Il dottorato di ricerca costituisce il terzo livello della formazione universitaria, nel quale si dovrebbero fondere formazione e ricerca, i due elementi costitutivi del concetto europeo di università. Il dottorato dovrebbe quindi proporsi, a differenza di altri segmenti della formazione post-laurea, come un momento di formazione in cui si integrino la didattica tradizionale e la formazione attraverso l’attività di ricerca; e dovrebbe essere pensato in funzione non solo dell’accesso all’insegnamento universitario, ma più in generale al mondo del lavoro. A dispetto di un’impressionante crescita numerica, il percorso di dottorato è spesso poco qualificante, per nulla riconosciuto al di fuori dell’accademia e vittima di quel processo di “precarizzazione” ormai comune a tutto il mondo della ricerca. La condizione di precarietà è dovuta non solo alle caratteristiche dei corsi di dottorato che hanno spesso obiettivi formativi e finalità incerti, si caratterizzano per frammentazione e gestione personalistica da parte dei docenti, prevedono scarse o nulle attività scientifiche e formative e risultano scarsamente attrattivi a livello internazionale, ma anche dall’ambiguità nella definizione della condizione stessa del dottorando. Occorre una riforma organica del dottorato che riorganizzi i corsi sulla base di scuole di dottorato dotate di autonomia all’interno di regole nazionali e costituite intorno a un progetto chiaro di formazione alla ricerca che abbracci ambiti scientifici e disciplinari sufficientemente ampi. Le scuole dovrebbero essere sottoposte a processi di autovalutazione/valutazione e di rendicontazione dei risultati ottenuti, in modo da garantirne il valore formativo. Deve essere superata la figura del dottorando senza borsa. Oltre a determinare una condizione di lampante ingiustizia, la mancanza di autonomia economica indebolisce i percorsi formativi, non permettendo allo studioso di dedicarsi a tempo pieno alle proprie ricerche. Per questo la borsa di studio rappresenta la garanzia del valore del percorso di studio intrapreso oltre ad essere un riconoscimento sociale del lavoro di ricerca svolto. La lunga battaglia dei dottorandi per ottenere l’aumento dell’importo minimo delle borse di dottorato mostra la necessità di individuare meccanismi negoziali o automatici di revisione periodica delle borse, che tengano conto dell’inflazione e garantiscano condizioni di vita e di studio dignitose. Devono poi essere applicate a livello nazionale le raccomandazioni della “Carta europea dei ricercatori”: in particolare una Carta dei Diritti dei Dottorandi dovrebbe riconoscere: il diritto a una formazione di alto livello e a un rapporto trasparente e costante con il proprio supervisore sul lavoro di ricerca; il diritto a un trattamento economico che garantisca l’indipendenza economica e una vita culturalmente attiva; il diritto a un trattamento previdenziale equo; il diritto alla salute e alla maternità; il diritto alla partecipazione alla vita democratica delle università e ai suoi processi di valutazione, oggi largamente negato; l’accesso ai servizi di diritto allo studio; il diritto a un percorso realmente internazionale che consenta periodi di studio e soggiorno all’estero ; il diritto a chiedere una proroga per l’esame finale di dottorato qualora sia necessario un approfondimento della tematica di ricerca; il diritto a una informazione trasparente sulle opportunità di lavoro che il titolo di dottore di ricerca può aprire e il diritto ad essere informati sulle possibilità e sui finanziamenti alla ricerca, sia pubblica che privata, a cui il dottorando può accedere durante e dopo il conseguimento del titolo. Ricerca, precarietà, lavoro La didattica è strettamente legata alla ricerca. Se si ritiene il sistema della conoscenza un luogo strategico per lo sviluppo del paese, le politiche relative a questo settore devono essere trasformate e la produttività deve essere valutata partendo dall’impatto su tutti gli altri settori della vita sociale, come l’elevazione del tasso culturale, la diffusione delle nuove tecnologie, la socializzazione dei saperi. Pertanto non è possibile legare l’assunzione di nuovi ricercatori ai pensionamenti, bloccando di fatto ogni possibilità di incremento del settore dell’università. Per esempio, il rapporto tra studenti e docenti, deficiente se si considera il solo personale strutturato, ritorna corretto se si includono i docenti a contratto. Si deve affermare con chiarezza che il personale necessario affinché l’università svol ga con efficacia i propri compiti può essere quantificato a tutt’oggi intorno alle 120.000 unità, che si spera possano moltiplicare i bisogni di sapere alto e diffuso. Non si deve consentire che uno stesso individuo possa essere titolare di contratti precari per lunghi periodi. Un limite ottimale potrebbe essere di 4 anni, con meccanismi di programmazione che evitino intervalli fra un contratto e l’altro. Tenuto conto dei 3 di dottorato di ricerca, una norma che vieti di stipulare nuovi contratti dopo il quarto anno, porterebbe a una età massima di circa 31-32 anni per una trasformazione del rapporto da temporaneo a tempo indeterminato. La norma dovrebbe anche prevedere una correlazione fra l’erogazione di contratti a tempo e le previsioni sul fabbisogno del personale e i futuri accessi, in modo che trascorsi i 4 anni, l’università o l’ente di ricerca possano immettere in ruolo una parte dei ricercatori e, attraverso la creazione di appositi uffici, agevolare l’inserimento degli altri nel mercato del lavoro. I contratti a tempo in università ed enti di ricerca devono rispettare i più elementari diritti del lavoro (maternità, ferie, orari, tutela della salute e della sicurezza, tredicesima mensilità, protezione in caso di vacanza contrattuale, contributi previdenziali adeguati, copertura anti-infortunistica). Attualmente questi diritti sono riconosciuti solo ai ricercatori con contratto a tempo determinato, per cui si propone di mantenere solo una forma di contratto a tempo. Nella fase di transizione sarà chiaramente necessario riconoscere immediatamente i diritti del lavoro fondamentali a tutte le forme contrattuali precarie in tutte le pubbliche amministrazioni. Diversamente da quanto accade nel resto d’Europa e nei bandi dello European Research Council in Italia le possibilità di accesso ai finanziamenti da parte del personale non strutturato sono pressoché inesistenti. Occorre rimuovere al più presto questa anomalia che limita lo sviluppo di nuove idee e l’acquisizione di maturità scientifica da parte dei ricercatori più giovani, favorendo un sistema nel quale molte carriere si svolgono sempre all’ombra dello stesso docente più anziano. Un ricercatore, sia esso strutturato o meno, deve poter essere il responsabile primo di fondi di ricerca, in modo da sperimentare sin da subito la reale assunzione delle responsabilità. Il ruolo del professore universitario deve essere unico. Nessuna differenza funzionale è oggi riscontrabile tra professori ordinari, professori associati e ricercatori; l’unica ragione dell’esistenza si limita oggi solo a una sorta di ricattabilità continua per la concessione di passaggi di fascia. Deve essere quindi superata la necessità di fare concorsi nei passaggi a fasce superiori. Occorre evitare che durante il percorso lavorativo il docente ricominci daccapo per tre volte, con periodi di straordinariato che, allo stato attuale, hanno per un verso l’effetto di penalizzare l’interessato/a dal punto di vista dei contributi pensionistici, per un altro il mantenimento di una spada di Damocle sul suo capo. La carriera unica potrà inoltre consentire coerentemente di costruire una scala retributiva unica, suddivisa in scatti legati sia all’anzianità che alla valutazione dell’operato del docente su didattica, ricerca e organizzazione. Il problema delle retribuzioni dei docenti andrà affrontato e risolto riportando i valori al livello delle retribuzioni europee, diminuendo la forbice tra i docenti all’inizio di carriera e coloro che sono al termine della stessa. In coerenza con la proposta di unicità della carriera docente, assieme all’eliminazione dello straordinariato è necessario confermare l’abolizione del fuori ruolo, dando un chiaro segnale di rinnovamento in direzione del ringiovanimento dei docenti universitari che sarebbe peraltro utile dal punto di vista del risparmio della spesa. Nelle more di una riorganizzazione virtuosa e legittima dal punto di vista scientifico e organizzativo, va comunque affrontata immediatamente la questione del riconoscimento del ruolo di professore agli attuali ricercatori e della gestione temporanea dei ruoli della docenza. L’introduzione della terza fascia docente è anche necessaria per poter mantenere l’attuale livello di offerta didattica, cercando nel contempo di razionalizzare e ridurre il numero di corsi di laurea, definendo i requisiti minimi più stringenti. A tale riguardo rimane attuale il nesso tra l’introduzione della terza fascia e la distinzione tra reclutamento e avanzamento di carriera. A tale proposito, i concorsi dovrebbero essere banditi solo per il reclutamento dei docenti, prevalentemente nella terza fascia, senza escludere la possibilità di ingressi per concorso direttamente a fasce pi&u grave; alte in caso di personale proveniente dall’estero o da altra amministrazione. I passaggi da una fascia all’altra andranno gestiti con criteri di valutazione rigidi, con obiettivi trasparenti e prefissati e con chiare modalità di attuazione che riducano al minimo la discrezionalità, fungendo così da stimolo alla crescita professionale dei docenti e dei ricercatori non strutturati. Tali criteri dovranno essere diversi a seconda delle discipline interessate e commisurati agli standard internazionali, ridiscutendo a questo riguardo una logica di valutazione basata solo su rigidi schemi quantitativi. Etichette: Politica nazionale
La vicenda dell'antenna di Scopello sembra avviarsi ad una conclusione positiva, stando alle parole del soprintendente Giuseppe Gini, il quale ha assicurato che l'autorizzazione concessa alla Ericsson Telecomunicazioni verrà revocata da subito, vista la vicinanza con la torre Bennistri.Etichette: politica locale
di Rosaria Ruffini
Mentre nel paese imperversano discussioni sul grembiulino a scuola, sul guinzaglio al cane e sul flagello dei graffiti, il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua pubblica.Il Parlamento ha votato l'articolo 23bis del decreto legge 112 del ministro Tremonti, che afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia capitalistica. In particolare, L'articolo 23bis disciplina i "servizi pubblici locali di rilevanza economica", che sono molti; non solo l'acqua, anche se quest'ultima è fondamentale.
Sancisce che la gestione va conferita a "imprenditori o società" mediante "procedure competitive ad evidenza pubblica". Va data in appalto, insomma, "ferma restando la proprietà pubblica delle reti".
Eccezioni possibili solo per situazioni particolari che "non permettano un efficace e utile ricorso al mercato", come se il mercato stesso medesimo fosse la soluzione per qualsiasi cosa.
L'acqua non è più un bene pubblico, ma una merce. Solo che l'acqua è indispensabile per vivere. Così il governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'acqua non sarà più un bene pubblico ma una merce, e quindi sarà gestita da multinazionali (le stesse che possiedono l'acqua minerale).
Già a Latina la Veolia (multinazionale che gestisce l'acqua locale) ha deciso di aumentare le bollette del 300%. Ai consumatori che protestano, Veolia manda le sue squadre di vigilantes armati e carabinieri per staccare i contatori.
La privatizzazione dell'acqua che sta avvenendo a livello mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei paesi più poveri.
L'acqua è sacra in ogni paese cultura e fede del mondo. L'uomo è fatto per il 65% di acqua, ed è questo che il governo italiano sta mettendo in vendita.
L'acqua che sgorga dalla terra non è una merce, è un diritto fondamentale umano e nessuno può appropriarsene per trarne illecito profitto. L'acqua è l'oro bianco per cui si combatteranno le prossime guerre.
Guerre che saranno dirette dalle multinazionali alle quali oggi il governo, preoccupato per i grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo. Acqua in bocca.
le tariffe più basse possibili.
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